Lasciata alle spalle ogni cosa diletta per scoprire «come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale», l’esule politico Dante Alighieri, in cammino verso la Francia lungo sentieri calpestati secoli più tardi da altri suoi connazionali, s’imbatté in una singolare avventura mentre transitava per la Valle di Susa.
L’episodio rimasto sino ad oggi sconosciuto diede vita ad un canto inedito della Divina commedia che la Casa Editrice Tabor, animata da Daniele Pepino, ha avuto il merito di pubblicare lo scorso dicembre 2013.
Il canto, collocabile secondo l’editore alla fine dell’Inferno, è il risultato di una «sorprendente visione premonitrice» ispirata da una pozione di «spetialissime erbe» che il sommo poeta non esita a descrivere nel dettaglio, assunta nella Sacra di San Michele presso i monaci che gli offrirono riparo e ristoro curandolo dopo l’arresto e le probabili percosse degli armigeri che, al pari di oggi, presidiavano la valle.
Ironia e brio accompagnano il testo. Una menzione speciale per le note a fondo testo.
Il gioco vale davvero la candela.
Consiglio vivamente il libretto (6 euro). Gli studenti lo portino a scuola.
Buona lettura!
La spetialissima pozione
«Eravi nella nomata pozione di certo aliquanta santoreggia, e della artemisia absinta, e poca digitale e laudano in buona mensura; eranvi di poi li fiori di una particulare spezie di canapa, che dicesi venga dalle lontane Indie, ma che bene forte s’accresce anco nello giardino de’ divoti frati, che spesso l’usano per fare dolciumi, manducati li quali spesse volte li fa visita Nostra Signora la Madonna; eravi di poi una radice genziana, et multi pezzi essiccati del fungo, che trovasi nelli boschi attigui, che chiamasi ammannita, et altri funghi di più piccola fatta, che truovano nelle vicinanze delli armenti su le più alte vette, e serbansi nel miele; et essi anco sono di molto aiuto alle lor preci, imperocché ingollata la giusta dose mai fu vana l’attesa di una divina apparizione. E molto altro ancora eravi, che non riconobbi o non sapria nomare»
Il girone infernale dell’economia capitalistica
«Qual è ‘l distinto atroce
che sulle umane genti farà impero
ti si parrà dinnanzi, e quale croce.
Se tu vorrai, potrai per quel sentiero
giungere al loco che darà recetto
al peggior spergio de lo mondo intero.
Si va parando il sito maledetto
in cui si puniranno un dì coloro
che perdean passione ed intelletto.
Tu dei saper che lo disir dell’oro
presto conquisterà l’umani affanni
tanto da ruinar senno e decoro:
una bieca masnada di tiranni
non curerà se per la sua mercede
a la terra imporrà nefasti danni.
Tanta sarà la brama che li fiede
ch’a curar de’ li conti e del successo
si smarriran da che ragion procede,
e verrà dato il nome di progresso
a ciò che forza fornirà, e stromenti
per mantener l’imperio a quel consesso.
Questi s’affermeranno tra le genti
sviluppando la forza produttiva
che le libererà da fame e stenti;
ma, poi che avranno ‘l mondo che languiva
dotato de li mezzi per avere
quell’essenziale a cui la vita ambiva,
non avendo null’altro da offerere,
per conservare lor social postura
stabiliran ciò che si dee volere.
Fabricheranno merci oltre misura;
per mantenere vivo lo mercato
la terra covriran d’ogni lordura.
Tanto il ciclo sarà automatizzato
che l’accumulazion del capitale
doventerà dottrina dello Stato».
Sotto la chioma niente
«Molto, o mio duca, bramerei sapere
perché di tra gli attrezzi da macello»
dimandai «ve n’è uno da barbiere».
E ‘l duca a me «In questo tristo ostello
tra i magistrati ch’avranno confino
un, più che al resto, baderà al capello.
Sarà procuratore di Torino,
sarà a Palermo, sarà in ogni dove
l’imago sua gli segnerà il cammino.
Se un gesto di Colui che tutto move
lo rimenasse alle stagioni sue,
questi andrebbe a ricercare prove
per indagare Giotto e Cimabue
e patteggiare che lo suo sembiante
dovunque ritraessero amendue;
e quando cadrà al diavolo davante
per saldar su la libra li suoi conti
la frangià sarà il pezzo più pesante».
OT: Ho letto il dispaccio di Marconista su LatitudiniZero – un saluto affettuoso e buon tutto, se è possibile – Antonello Pizzaleo