La Prima Linea: «La mia rivoluzione era un pranzo di gala», parola di Sergio Segio

Dal libro che ha ispirato il copione
di
La Prima linea
il film di Renato De Maria


«Facciamo spesso le ore piccole, bazzichiamo ristoranti di nome e piano-bar. A Milano, la «Scaletta» a Porta Genova, «Gualtiero Marchesi» in Bonvesin della Riva, «Ciovassino» a Brera e, per la musica, il «2», sempre a Brera, e altri jazz club della zona. A Venezia, l’«Harris bar», in omaggio a Ernest Hemingway, e la «Locanda Montin», in reminiscenza di Anonimo veneziano. In particolare di quando Tony Musante dice: «Sto morendo» e Florinda Bolkan risponde: «Tutti stiamo morendo, poco a poco» e lui, di rimando: «Ma io sto morendo adesso». […]
Ecco perché infine, dopo anni di moralismo militante, ci concediamo qualche lusso, qualche spesa decisamente al di sopra degli standard proletari. Da bravi bastardi ci togliamo poi la soddisfazione di convocare le riunioni con i brigatisti in ottimi ristoranti, offrendo loro un pranzo che altrimenti non si potrebbero permettere, stante il livello dei loro stipendi, definito al minimo della sopravvivenza con rigore calvinista. Quando li fissano loro, i luoghi dell’incontro sono immancabilmente trattoriacce operaie di periferia, il cui cibo fa rischiare la vita ben più di una rapina in banca».

Sergio Segio, Miccia corta. Una storia di Prima linea, DeriveApprodi 2005, p. 114


Miccia corta e cervello pure

La Prima linea, il film che vorrebbe seppellire gli anni 70 sotto il peso del senso di colpa
L’esportazione della colpa
Sergio Segio detta l’autocritica, «Scalzone e i parigini condannino la lotta armata»
Persichetti, «
Segio ha dimostrato solo di avere ancora molte cambiali da pagare per la sua libertà»

Sergio Segio, «quanto mi rode!»
Scalzone, «Caro Segio, non c’ è nulla da cui mi devo dissociare»
Il narcisismo del senso di colpa
L’ideologia del ravvedimento
I Ravveduti
Il merlo, il dissociato e il fuoriuscito

 

 

Lascia un commento