Le nostre città sono tra le più sicure d’Europa, eppure le nostre carceri sono tra le più affollate del continente. Chi e perché finisce in carcere?
Allarmi sicurezza inventati per designare stranieri e sottoproletariato urbano come il nuovo nemico interno
Paolo Persichetti
Liberazione 18 agosto 2009
Tutti i reati sono in calo, dagli omicidi, alle rapine, ai furti, alle violenze sessuali, ha spiegato nel corso della consueta conferenza stampa di Ferragosto, il ministro degli Interni Roberto Maroni. Addirittura la delittuosità generale sarebbe in forte regresso, 13,95% in meno rispetto al periodo precedente (quello del governo Prodi). Secondo i dati del Viminale nei primi 14 mesi del governo Berlusconi vi sarebbe stata una flessione del 3,7% per gli omicidi, del 7,7% per le violenze sessuali, del 18,6% per i furti, del 20,4% per le rapine, del 15,1% per le estorsioni e del 16,1% per i reati da usura.
Secondo Maroni queste cifre devono ascriversi all’azione positiva del suo governo che avrebbe trovato la ricetta giusta per sconfiggere la criminalità, le mafie, eccetera. Un piano straordinario contro la criminalità, «contro il male» ha detto Berlusconi che ha presenziato alla conferenza stampa, verrà presentato in settembre.
Quel che Maroni non dice, però, è che la curva discendente dei reati non fa che confermare un tendenza avviatasi da tempo, almeno dalla seconda metà del 2007. Già nel 2008, prim’ancora che s’insediasse nuovamente il governo Berlusconi, i reati erano in calo di otto punti. Da questa realtà taciuta si può trarre una prima conclusione: la flessione dei reati non è un merito di questo governo in cerca di spot pubblicitari per giustificare il varo di legislazioni sempre più liberticide come l’ultimo pacchetto sicurezza. E sia detto per inciso, non è nemmeno un merito della compagine di centrosinistra che di allarmi sicurezza è morta, che sul terreno sicuritario ha voluto rivaleggiare con la destra riuscendo solamente a tirargli la volata per la vittoria finale. Vi ricordate l’affondo di Veltroni dopo l’omicidio Reggiani, la donna violentata e trucidata in un tugurio nei pressi della stazione di Tor di Quinto a Roma? E le ordinanze degli assessori, come Cioni a Firenze, o dei sindaci-sceriffo come Cofferati a Bologna, che fecero da modello per molti altri amministratori locali in tutta Italia?
Se approfondissimo ulteriormente l’analisi scopriremmo, come spiegava Ilvo Diamanti pochi giorni fa su Repubblica, che il peso dei reati sulla società attuale è addirittura inferiore a quello di un ventennio fa. Nel 1991 c’erano 4666 delitti per 100 mila abitanti, oggi 4520.
Se andassimo ancora più a fondo dovremmo chiederci quale incidenza ha avuto il varo dell’indulto del luglio 2006 sul crollo della delittuosità e nella fattispecie della recidiva. Uno studio realizzato da Giovanni Torrente (vedi Liberazione del 15 luglio) ha messo in luce la relazione diretta tra beneficio dell’indulto e crollo della recidiva. Per chi ha usufruito dello sconto di pena di tre anni la reiterazione del reato è stata pari al 28,45%. Tra quelli che invece hanno scontato la pena per intero, il tasso di recidiva si è impennato e raggiunge il 68%. Gli indultati tornati a delinquere sono meno della metà di quelli che non hanno avuto sconti. Non solo, ma la propensione a delinquere cala ancora di più tra i cittadini stranieri, solo il 21,36% rispetto al 31,9% degli italiani. A confermare questa tendenza c’è un ulteriore dato: la reiterazione del reato precipita (appena il 21,78%) tra chi accede a misure restrittive diverse dalla detenzione, sia che si tratti della fase antecedente al processo che durante l’esecuzione pena. Eppure lo schieramento politico di cui il ministro Maroni è espressione, aveva indicato nell’indulto la causa di tutti i mali, allertando l’opinione pubblica su un’emergenza criminalità inesistente: «Indulto, uno su due è tornato in carcere»; «Indulto, il 36 per cento è tornato in Galera»; «Effetto indulto, un detenuto su 4 è rientrato in cella. Incremento del sette per cento nell’ultimo mese»; «Alfano condanna l’indulto: fallito, carceri piene di recidivi», solo per citare alcuni titoli di quel periodo.
Il processo sociale attraverso il quale l’indulto è divenuto nel sentire comune un fallimento, la causa principale del (presunto) aumento della criminalità, è lo stesso che nei mesi precedenti e successivi ha allargato la forbice tra ciò che avveniva realmente nella realtà sociale e la sua percezione, o meglio la maniera in cui questa realtà veniva raccontata, travisata, deformata.
Un recente rapporto stilato dall’Osservatorio di Pavia su “Sicurezza e media” (curato da Antonio Nizzoli) ha rilevato come la descrizione della criminalità in tivvù dipenda più da scelte di politica dell’informazione che dalle emergenze quotidiane della cronaca. Solo nel secondo semestre del 2007 i telegiornali di prima serata delle reti Rai e Mediaset avevano dedicato ben 3500 servizi a fatti di cronaca nera. Nel secondo semestre del 2008 questi sono scesi a poco più di 2500, per arrivare a meno di 2000 nel primo semestre di quest’anno. Una flessione finale di 50 punti a fronte di un calo reale di 8.
I dati forniti dal ministro sollecitano un’altra domanda: ma se i reati diminuiscono, com’è possibile che i detenuti crescano fino a battere tutti i record della Repubblica (quasi 64 mila)? Anche qui, a voler leggere bene tra i dati scopriamo che il calo di reati contro la persona e i beni non trova giustificazione nell’incarcerazione degli autori, messi cosi in condizione di non nuocere. L’affollamento carcerario è dovuto all’incarcerazione di un altro tipo di popolazione: stranieri in situazione irregolare e consumatori di sostanze stupefacenti. Due specifiche sottoclassi sociali a cui questa società ha dichiarato guerra.
Link
Incarcerazioni facili, un problema italiano
Dopo le proteste torna in carcere, aggirate le garanzie processuali
Nel paese del carcere facile, il Corriere della Sera s’inventa l’ennesima polemica sulle scarcerazioni rapide
Ho paura dunque esisto
Giustizia o giustizialismo, dilemma nella sinistra
Il populismo penale una malattia democratica
Il governo della paura
Genesi del populismo penale e nuova ideologia vittimaria
Populismo penale, una declinazione del neoliberismo
L’indulto da sicurezza, il carcere solo insicurezza
Come si vive e si muore nelle carceri italiane
Prigioni i nuovi piani di privatizzazione del sistema carcerario
Carceri private il modello a stelle e strisce privatizzazioni e sfruttamento
Le misure alterantive al carcere sono un diritto del detenuto
Sprigionare la società
Desincarcerer la société
Carcere, gli spettri del 41 bis
Pingback: Carceri, è rivolta contro l’affollamento: “Amnistia” « Insorgenze
Pingback: Indulto e crollo della recidiva: una lezione che non piace a Marco Travaglio « Insorgenze