Battisti: il Brasile non si fa intimidire. «Da Lula decisione sovrana»

Cesare Battisti scarcerato, rifiutata definitivamente l’estradizione. Il governo annuncia un ricorso all’Aja. L’Italia resuscita la linea della fermezza


Intervista a : http://www.radiondadurto.org

Paolo Persichetti
Liberazione 10 giugno 2011

Battisti non torna e in Italia scoppia l’ennesima bufera mediatica, nonostante fosse ampiamente scontato l’esito finale sfavorevole per le autorità italiane. Non c’era partita. Che in materia estradizionale la decisione finale appartenga alla sfera del politico, e dunque dell’esecutivo, lo sanno anche le matricole di giurisprudenza; sta scritto in tutti i trattati internazionali, vale per l’intera comunità giuridica mondiale. Nemmeno all’interno dello spazio giudizario europeo, nonostante l’introduzione di alcuni micidiali automatismi, come il mandato d’arresto comunitario e il mutuo riconoscimento delle decisioni di giustizia, è stato eliminato del tutto il ruolo giocato dagli esecutivi. E dunque perché in Brasile le cose sarebbero dovute andare diversamente? Tanto più che il governo italiano, in passato, si è avvalso delle sue prerogative rifiutando di attivare le procedure di estradizione per i cittadini statunitensi, tutti agenti della Cia, coinvolti secondo quanto accertato dalla procura di Milano nel rapimento per le vie della città dell’imam della moschea di via Quaranta, Abu Omar. Ragioni di opportunità politica (non certo giuridica), dovute agli accordi segreti e alla sudditanza strategica che lega l’Italia agli Usa, hanno giustificato la scelta dell’esecutivo di non avviare le richieste di estradizione. Circostanza che fece allora infuriare il capo del pool antiterrorismo della procura milanese, Spataro. Negli ultimi sei mesi la coppia di giudici,  Mendes e Peluso, di cui sono note le simpatie per la destra, che nel corso del lungo iter estradizionale si sono alternati nella carica di presidente e relatore della causa, è ricorsa ad ogni escamotage dilatorio per ritardare l’udienza finale. In effetti, dopo la decisione di Lula di rigettare l’estradizione, presa il 31 dicembre scorso, l’unico argomento rimasto nelle mani dei sostenitori della consegna di Battisti alla giustizia italiana era lo status quo: congelare la situazione per allungare a dismisura la sua permanenza in carcere, fino a rasentare una sorta di sequestro di persona. Gesto di servile cortesia offerto agli amici della destra italiana e ultimo sgarbo a Lula; prova ormai che in Brasile l’affare Battisti da controversia giuridica si era ridotto a materia di scontro politico. Alla fine, quando mercoledì si è tenuta l’udienza plenaria, dopo una discussione di 7 ore tutta in diretta tv, su un canale interamente dedicato ai lavori del Stf (una trasparenza impensabile nelle opache stanze dei tribunali italiani), i giudici hanno prima respinto, ritenendola illegittima, la pretesa delle autorità italiane, formulata in un ricorso, di sindacare la decisione sovrana presa da Lula e quindi ribadito, con 6 voti contro tre (tra cui Mendes e Peluso), l’irrevocabilità della decisione presa dal capo dello Stato. Battisti è stato scarcerato poco prima della mezzanotte. Ora dovrà attendere la regolarizzazione amministrativa essendo venuto meno l’asilo politico inizialmente concessogli del ministro della Giustizia, Tarso Genro. Battisti si ritroverà nella situazione di “rifugio di fatto”, con un normale permesso di soggiorno in tasca come quando viveva a Parigi dopo la decisione di Lionnel Jospin di regolarizzare, nel 2007, la posizione amministrativa dei fuoriusciti italiani degli anni 70. La decisione dei giudici brasiliani ha suscitato in Italia una sorta di revival del film Zombie. Dal cimitero della storia è stato resuscitato il cadavere putrefatto dell’union sacrée vertici istituzionali, Napolitano in testa, maggioranza e opposizioni si sono saldati in un demagogico e ipocrita coro di grida sdegnate e dichiarazioni sgangherate. Il giurista Antonio Cassese (già membro di giurisdizioni internazionali), senza timore di palesare un suo personale conflitto di interessi, ha rilanciato su Repubblica la via del ricorso alla Corte di giustizia internazionale dell’Aja. Intenzione confermata dal governo ma che rischia di provocare l’ennesima figuraccia internazionale dell’Italia. Quella dell’Aja è una corte d’arbitrato che dirime controversie tra Stati. L’Italia non sottoporrebbe mai materie afferenti alla sua sovranità interna ad una controversia arbitrale. Ancora una volta non si capisce perché dovrebbero farlo i brasiliani. Il ceto politico italiano delira e resta drammaticamente incapace di un esame di coscienza serio su quanto è accaduto negli anni 70, proprio quando sul quel periodo si stanno aprendo squarci importanti, come il recente libro di Miguel Gotor, Il memoriale della Repubblica, Einaudi, mostra. Per contrastare la lotta armata, descrive lo storico con impressionate dovizia documentale, si fece ricorso ad uno «stato di eccezione non dichiarato»: corpi speciali, investigatori e magistratura operarono nell’opacità più assoluta e nella sistematica violazione di regole e procedure.

Link
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3 pensieri su “Battisti: il Brasile non si fa intimidire. «Da Lula decisione sovrana»

  1. Prima di indignarci perché il Brasile non ha concesso l’estradizione di Cesare Battisti, militante dei “proletari per il comunismo” e accusato di quattro omicidi, due dei quali commessi contemporaneamente in due località diverse, guardiamo cosa succede a casa nostra e nelle nostre galere:

    Si finisce in prigione per i motivi più diversi ma nelle nostre carceri si rischia di morire: di malattia, di depressione, o ammazzati di botte.
    Si sopravvive in condizioni disumane dovute al sovraffollamento e alla mancanza di risorse.
    A questa morte lenta sfuggono i “pentiti”, cioè coloro che denunciando i complici (veri e presunti) hanno evitato anni e anni di detenzione: come Marco Barbone, assassino confesso di Walter Tobagi e ora militante di Comunione e Liberazione e collaboratore del Giornale.
    Vi sfuggono anche coloro che hanno il potere economico e politico necessario per pagare i migliori avvocati o addirittura far approvare dal parlamento leggi “ad Personam”.
    Come replicare alla Giustizia brasiliana che ritiene che Battisti, cittadino comune non potente e non pentito (ma che si è sempre dichiarato innocente, proprio come Adriano Sofri) subirebbe in Italia un trattamento poco equo?

  2. Ripeto: inutile e strumentale intestardirsi su Battisti. La copertura dei nostri servizi segreti ha fatto in modo che rimanessero impuniti autori e mandanti di tutte le stragi nere degli anni 70 e 80, mentre gli effetti perversi della legislazione emergenziale hanno salvato i “pentiti” e condannato alla galera o obbligato alla latitanza chi per coerenza non voleva denunciare i compagni. Così Curcio si è fatto 30 anni senza aver mai ucciso nessuno, mentre Barbone, con la pistola ancora fumante dell’assassinio di Tobagi, è uscito dopo pochi anni e collabora oggi col “Giornale”. Ancora diverso il caso di Sofri (che come Battisti si è sempre dichiarato innocente) che dopo 7 o 8 anni di prigione grazie alla lobby di Lotta Continua oggi influente ha usufruito della semi-libertà, dell’indulto e degli arresti domiciliari. Chiaro che chi non aveva un santo di paradiso se l’è svignata: come Battisti e tanti altri. Tre brigatisti che presero parte all’agguato di via Fani sono stati individuati ma mai localizzati né tanto meno estradati. Vogliamo mettere una buona volta la parola fine agli “anni di piombo”?

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