Tutti negativi i test del Dna fatti in Romania, si indaga sui telefonini ritrovati
Anita Cenci
Liberazione 18 marzo 2009
Evapora definitivamente l’indagine che ha portato all’arresto di Karol Racs e Alexandru Loyos Isztoika, i due romeni accusati del brutale stupro avvenuto il giorno di san Valentino nel parco romano della Caffarella.
Ve la ricordate la storia del cromosoma Y? Uno dei tanti depistaggi investigativi che hanno segnato questa vicenda?
Erano i giorni in cui i test del dna scagionavano Racs e Isztoika. Le indagini si trovavano sotto schiaffo e allora qualcuno venne in soccorso dicendo che attraverso un esame genetico sperimentale, si era riusciti a identificare l’etnia romena degli aggressori. Un modo per dire che i poliziotti avevano solo preso i romeni sbagliati. La dottrina giuridica chiama questo tipo di responsabilità: “colpa d’autore”, una colpa per il modo d’esser della persona non per quello che avrebbe eventualmente commesso. In realtà, i tecnici della polizia scientifica avevano rilevato delle coincidenze con il cromosoma Y di Jon F., 25 anni, detenuto già prima della violenza nella prigione di Bucarest. Gli esperti azzardarono un’idea: poiché il cromosoma Y è ereditario occorreva verificare il dna degli altri maschi della sua famiglia.
Vi ricordate poi dell’uomo senza tre dita? Quel Ciprian C., il primo che fu riconosciuto nell’album fotografico mostrato all’adolescente violentata? Di lui si disse di tutto: che aveva un alibi poi divenuto incerto; che era un informatore della polizia, per questo protetto; che era introvabile. E vi ricordate dei pastori nomadi, i parenti del “biondino” Isztoika, il clan sperduto nei villaggi dell’est romeno, anche loro in fuga, forse?
Insieme fanno una lista di 22 persone, tutte ricercate per essere sottoposte al test del dna. Ebbene attraverso una rogatoria internazionale, gli esami sono arrivati e l’esito è risultato inesorabilmente negativo. Nessuno di loro c’entra con lo stupro della Caffarella.
Ora vi ricordate delle parole del questore Giuseppe Caruso dopo il riesame? «Le evidenze probatorie restano tutte», e più in là, «bastava quello che ci aveva detto Isztoika per sbatterlo dentro». Ora invece sappiamo che la confessione del “biondino”, poi ritrattata, fa acqua da tutte le parti. Il fidanzatino dell’adolescente violentata ha dato tre versioni diverse dei fatti. Isztoika fu indottrinato, a suon di botte, sulla prima. Da qui le discrepanze con quanto precisato, ma solo dopo, dal giovane aggredito.
Lentamente stanno emergendo anche le prime indiscrezioni sul “trattamento” subito dai due romeni. Chi le ha ascoltate, dice che assomigliano molto ai protocolli d’interrogatorio in uso nei territori di guerra.
Mentre le indagini, a un mese di distanza dalla violenza, sembrano imboccare per la prima volta una pista seria, quella che ha portato al ritrovamento dei due telefonini rubati durante lo stupro, molte domande attendono risposta. Chi e perché ha “forzato” le indagini in una determinata direzione fin dalle prime ore? Pressioni della politica? Oppure eccessiva voglia da parte di alcuni funzionari di compiacere certi pregiudizi ideologici dell’attuale maggioranza? Eccesso di onnipotenza? Ora gli investigatori hanno tutto l’interesse a far fruttare la nuova pista dei cellulari tornati a funzionare dopo un silenzio durato settimane. La traccia dei numeri imei ha portato subito a identificare i nuovi possessori, uno in Italia e l’altro in Romania. I due sono estranei alla violenza ed hanno acquistato gli apparecchi da un ambulante in un mercato di Boccea. Questi, a sua volta, li aveva ricevuti da un’altra persona di cui la polizia conosce già l’identità. Residente nella borgata Finocchio, l’uomo per il momento è irreperibile. È soltanto il ricettatore? Solo ripercorrendo l’intero percorso fatto dai due telefoni, si verrà a capo della domanda.
Lunedì prossimo è prevista l’udienza del tribunale del riesame che dovrà pronunciarsi sulla seconda richiesta di scarcerazione presentata dal difensore di Racs. Questa volta verranno esaminate le accuse per lo stupro del Quartaccio. Dopo un riconoscimento incerto della vittima, anche qui l’esame del dna ha scagionato il romeno. C’è chi ha scritto che i due se fossero stati romani, invece che romeni, sarebbero già fuori. La decisione è importante anche perché, molto probabilmente, l’incipit che ha fuorviato le indagini sulla Caffarella nasce da lì, da chi non ha mai tolto gli occhi dal gruppo di romeni e rom di Primavalle, monitorati fin dai giorni che seguirono il primo stupro di via Andersen, al Quartaccio. È lì che furono individuati i colpevoli più facili, quelli politicamente più fruibili per la campagna politica che si scatenò immediatamente dopo e portò all’ennesimo decreto sicurezza.
Link
Quartaccio-Caffarella, l’uso politico dello stupro 1
È razzismo parlare di Dna romeno 2
L’inchiesta sprofonda 3
Quando il teorema vince sulle prove 4
Tante botte per trovare prove che non ci sono 5
Non esiste il cromosoma romeno 6
L’accanimento giudiziario 7
La difesa di Racs denuncia maltrattamenti 8
Parlano i conoscenti di Racs 9
Non sono colpevoli ma restano in carcere 10
Racs non c’entra 11
Stupro della Caffarella 13
Stupro del Quartaccio, scarcerato Racs 14
Cosa si nasconde dietro la confessione di Loyos? 15
Racs innocente e senza lavoro 16
La fabbrica dei mostri 17
Loyos picchiato dalla polizia per confessare il falso 18
C’è solo un’osservazione che lascia perplessi in tutto questo interessante articolo, quella secondo cui se i due romeni fossero stati romani le cose sarebbero andate diversamente.
Siamo veramente certi che sia così? Quando la giustizia si basa su assunti ideologici e sull’incompetenza grave siamo a rischio tutti. Ricordate Tortora? Gli elementi concreti non c’erano neanche lì, gli elementi a discarico erano numerosi, quelli a carico mai riscontrati (una foto mai vista da nessuno, perché – guarda un po’ – distrutta dal pentito accusante, era considerata una prova granitica dai Pm). Eppure si è andati avanti lo stesso. Con tutto il codazzo della stampa, colpevolista a tutti i costi.