Emiliano Guardina genetista Università Tor Vergata (Roma)
«Il cromosoma y non è sufficiente per tracciare un profilo genetico»
Stefano Galieni
Liberazione 7 marzo 2009
Da molto tempo, di fronte a omicidi efferati o a reati predatori come gli stupri, si scatena l’uso spettacolarizzante della genetica come disciplina in grado di comprovare definitivamente la colpevolezza o l’innocenza di chi è indagato. Ultimo, in ordine di tempo, il caso della brutale violenza inflitta ad una minorenne a Roma il 14 febbraio scorso.
Emiliano Guardina, genetista presso l’Università di Tor Vergata di Roma, spiega: «Le analisi del Dna si basano sulla comparazione di specifichesequenze variabili nella popolazione. Ognuno di noi ha specifiche variabili, analizzandone un certo numero (15 o 16) è possibile evidenziarne una per ogni individuo. Il profilo che se ne ricava è unico e deve combaciare perfettamente con quello di chi è accusato».
C’è chi ha parlato di Dna che si sono mischiati e di cromosoma y identificativo. Che significa?
Nel caso di violenze in cui i reperti sono presi da tamponi vaginali, il materiale esaminato è misto (vittima e aggressori) allora è utile isolare il cromosoma y – esclusivamente maschile – per ricavare un profilo dell’aggressore. Il cromosoma non è discriminativo ma è parentale.
Ma il cromosoma y è sufficiente per tracciare un profilo genetico?
Assolutamente no. Serve l’intero profilo che deve comprendere anche gli altri cromosomi e l’intera sequenza genetica. Nei
paesi in cui in seguito a matrimoni sono le donne ad andare a vivere nella località in cui vivono gli uomini, il cromosoma y non migra, spesso è simile per molti individui. Se io vado a vivere da mia moglie a Milano, sposto il mio cromosoma a Milano e la variabilità è ridotta ma il cromosoma y di per se non è identificativo né può portare come unica prova ad un legame di parentela.
E pensare che c’è stato anche chi ha scritto di Dna diversi in base alla provenienza nazionale.
Non esistono varianti genetiche esclusive di singole entità geografiche. Posso dire che certe sequenze sono più frequenti in Spagna piuttosto che in Italia ma non posso e non debbo utilizzare questo come prova identificativa. So che esistono probabilità ma nessun elemento certo. Senza dimenticare che la specie umana è sopravvissuta solo grazie alla capacità di migrare, di mescolare i propri patrimoni genetici in maniera tale da sopravvivere in qualsiasi condizione. Pensi che una autorità riconosciuta come la Società Americana di Genetica Umana si è sentita in dovere di dire che certe ricerche che pretendono di trovare le proprie origini nel tempoattraverso una analisi del profilo genetico, non hanno alcun valore. Eppure c’è ancora chi crede questo.
Beh c’è anche chi utilizza la genetica per definire la predisposizione a comportamenti specifici.
Mi scusi per il termine ma questa è una cazzata. C’è una distanza siderale fra il comportamento individuale e il patrimonio genetico, ogni ricerca lo conferma ma basti pensare alla differenza che c’è fra gemelli monozigoti per capirlo. Solo
che le persone vorrebbero una certezza rassicurante come questa, sapere che un tale gruppo nazionale ha lo stupro nel Dna, per potersela prendere con il gruppo.
Si, l’unica certezza è che lo stupratore è uomo?
Si perché prevalgono approcci riduzionismi che non possono trovare voce nel terzo millennio. Eppure quanti plastici di Bruno Vespa continuo a vedere, quante spiegazioni contorte. Basterebbe dire che il dna è democratico non differenzia bianchi e neri, uomini e donne. Ma stiamo tornando alle teorie lombrosiane.
Si sopravvaluta la genetica forense?
Chi la esercita è molto prudente e prima di affermare con certezza che il Dna di un sospettato è quello rinvenuto sul luogo di un delitto ci pensa bene. Tutto deve combaciare anche se siamo in grado di recuperare l’intero profilo da una sola cellula. Ma non la si può considerare come unica prova per il castello accusatorio. Si rischiano errori e quando abbiamo dubbi sulla perfetta comparazione del profilo noi non ci permettiamo di emettere verdetti certi.
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