Il caso Moro e Report, quante bugie. Signorile e l’artificiere di via Caetani si smentiscono a vicenda

di Paolo Morando, Domani 11 gennaio 2024

Davvero l’ex esponente socialista e l’allora ministro degli interni Francesco Cossiga seppero della morte di Moro diverse ore prima del rinvenimento del suo cadavere in via Caetani?

Davvero Claudio Signorile e l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga, il 9 maggio 1978, seppero della morte di Aldo Moro diverse ore prima del rinvenimento del suo cadavere in via Caetani?
È solo uno dei tanti elementi del servizio di Report di domenica scorsa sul rapimento e l’uccisione dello statista democristiano da parte delle Brigate rosse, ma è forse quello più suggestivo, tra le miriadi di dubbi, zone d’ombra e presunti misteri su cui dopo decenni si discute ancora oggi, a oltre 45 anni dai fatti.
Tutto ruota attorno a una questione sostanziale: quell’agguato, quel rapimento e quell’uccisione furono tutta farina del sacco brigatista? Oppure vi fu chi “diresse” (o “facilitò”) quell’operazione? E, seguendo questa ipotesi, chi? Servizi segreti, P2, Cia, Kgb, Mossad: da questa maionese impazzita nessuno è stato lasciato fuori. Ma la giustizia ha da anni chiuso la partita, attraverso più processi. E neppure le due inchieste ancora aperte a Roma, condotte dalla procura ordinaria e da quella generale, sembrano fare passi in avanti.
Nel frattempo si è fatto strada un inesauribile filone di pubblicazioni in controtendenza con quanto è stato appurato nelle Corti d’assise. E oltre ai processi ci sono le commissioni parlamentari d’inchiesta. A una prima, specifica, istituita nel 1979 e che chiuse i propri lavori nel 1983 (gli atti sono contenuti in centotrenta volumi, ognuno dei quali composto mediamente da svariate centinaia di pagine), in anni recenti se n’è aggiunta una seconda, la cui documentazione pure consta di migliaia di carte.
Anche commissioni d’inchiesta istituite su altri temi (stragi, P2, Mitrokhin, Antimafia) di Moro si sono lungamente occupate. Aggiungete a tutto questo più opere cinematografiche, una moltitudine di inchieste giornalistiche sulla stampa o in tv, romanzi di para-fiction, opere teatrali… E poi i dibattiti in rete, in cui si discute senza sosta su particolari più o meno rilevanti della vicenda.

La perizia balistica del 2016 che Report non cita
Lo spazio non consente di riprendere qui punto per punto le mille suggestioni di Report, basate principalmente sui lavori della commissione Moro 2, quella presieduta da Giuseppe Fioroni.
Nella trasmissione, a un certo punto, è però stato detto che mai sono state eseguite perizie balistiche aggiornate rispetto a quelle di oltre quarant’anni fa. Lo si diceva a supporto dell’ipotesi secondo cui a sparare il 16 marzo 1978 in via Fani non sarebbero stati solo quattro brigatisti (Fiore, Morucci, Gallinari e Bonisoli), ma anche un altro paio, finora sconosciuti.
E che lo avrebbero fatto non da sinistra, come nella ricostruzione fin qui accreditata, bensì da destra. Ebbene, proprio la Moro 2 si è invece giovata nel 2015 di una perizia balistica compiuta dalla polizia scientifica. E i risultati, che avvalorano la versione brigatista, sono stati recepiti nella stessa relazione del presidente Fioroni conclusiva dell’attività di quell’anno.

Dubbi sull’uso di una moto nell’azione. Le bugie del testimone Marini e il parabrezza mai attinto da colpi di mitraglietta
Non solo. Sempre nella relazione, si sottolineano «due acquisizioni» raggiunte dalla polizia scientifica: «La prima riguarda la scoperta che il parabrezza di Marini non è stato attinto da colpi d’arma da fuoco come finora si è creduto».
E si tratta di quell’ingegnere a bordo di uno scooter che sarebbe stato preso di mira da due motociclisti in fuga da via Fani: vicenda del tutto destituita di fondamento, come lo stesso Marini dovette ammettere in un verbale ancora nel 1994. Il che, per inciso, pone in discussione l’esistenza stessa di quella motocicletta, della cui presenza in via Fani parlarono solo tre degli oltre trenta testimoni a suo tempo messi a verbale.

Nessun superkiller
Ancora, sempre citando Fioroni: «Il secondo punto acquisito dalla polizia riguarda la messa in crisi dell’idea che a via Fani abbia operato un super killer. È vero infatti che vi fu una bocca di fuoco che sparò da sola quarantanove colpi, ma è stato dimostrato che ciò avvenne con una precisione non particolarmente elevata (da quell’arma soltanto sei colpi andarono a bersaglio, attingendo l’agente Iozzino)».
Altro che super killer. Il fatto che poi quella perizia sia stata «oggetto di un’attenta analisi critica da parte di alcuni componenti della Commissione», come scrive Fioroni, conferma una volta di più che anche elementi scientifici possono servire per tirare l’acqua al proprio mulino.

La prigione di Moro fu una sola
Altra questione ampiamente analizzata da Report: davvero Moro è stato tenuto prigioniero nell’appartamento di via Montalcini 8? È stata citata una mezza dozzina di possibili covi alternativi, dei quali pure si parla da anni. Si può però davvero pensare che le Brigate rosse abbiano spostato l’ostaggio più volte nella Roma militarizzata di quelle settimane? Ma soprattutto: perché farlo se davvero le Br erano protette da entità indicibili?

Signorile da Cossiga e la questione dell’ora
Si diceva però di Signorile. La sua presenza nell’ufficio di Cossiga la mattina del 9 maggio è circostanza da tempo nota. Ma davvero al ministro la notizia della morte di Moro arrivò molto prima della telefonata con cui Morucci, alle 12.13, diede notizia al professor Tritto, assistente di Moro, che lo statista era stato ucciso e di dove si sarebbe potuto ritrovare il corpo? Rivedendo Report, ci si accorge che a dire «le 9.30-10» non è Signorile, bensì l’intervistatore.
Signorile peraltro lo lascia parlare senza interrompere, quindi di fatto conferma. Se così fosse, lo capite, si aprirebbero scenari vertiginosi – pure sviluppati da Report – su cui da anni la cosiddetta dietrologia non si è risparmiata. Qui il punto riguarda la validità delle testimonianze orali, soprattutto quelle di coloro avanti con l’età e rese a tanti anni dai fatti su cui la memoria viene sollecitata.
Inoltre, l’impossibilità di riscontrare tali testimonianze con tutti i protagonisti (in questo caso Cossiga). Anche perché l’orario dell’alert al ministro – si scopre rileggendo le tante dichiarazioni di Signorile – è ballerino. Come pure la rilevanza che diede alla questione l’esponente socialista.
Già nel 1980 (commissione Moro 1) Signorile raccontò quella mattina, collocando l’avviso a Cossiga della morte di Moro alle 11: orario inconciliabile con i fatti accertati. Nessuno dei parlamentari però pensò di chiedergli maggiori dettagli sul punto (e della commissione faceva parte pure il comunista Sergio Flamigni, da sempre capofila di chi non crede alle versioni “ufficiali”), probabilmente pensando che Signorile con quell’orario intendesse quello dell’appuntamento con Cossiga al Viminale.
Davanti alla Corte d’assise di Roma invece, nel 1982 in un lungo interrogatorio come testimone, Signorile non sfiorò minimamente la questione di quello strano orario. E anche nel 1999, davanti alla commissione Stragi (quella presieduta da Pellegrino), nuovamente nessun accenno: eppure non si trattava di una questione banale.
Poi, nel gennaio 2010 ne riparlò in una intervista all’Ansa: «Dopo pochi minuti che ero nella sua stanza, erano le 10 e mezzo-11, sentiamo l’altoparlante della centrale operativa, annunciare che la nota personalità era stata ritrovata al centro di Roma», disse a Paolo Cucchiarelli (autore di più libri a cui si è ispirato il servizio di Report). Non risulta che Cossiga abbia smentito.
Ma neppure che qualcuno ne abbia mai chiesto conferma all’allora senatore a vita. Tre anni più tardi (ma attenzione: Cossiga nel frattempo era morto, nell’agosto 2010), parlando con l’Huffington Post, Signorile tornò sulla questione: e collocò invece a mezzogiorno l’allarme a Cossiga. Mentre nel 2020, in una lunga intervista al Corriere della Sera (e l’intervistatore era Walter Veltroni), ecco ancora una volta il racconto di quella mattinata al Viminale. Ma senza alcun riferimento (e relativo sospetto) all’orario in cui Cossiga fu avvisato.
Nel frattempo Signorile era stato sentito anche dalla commissione Moro 2, il 12 luglio 2016: «Io vi sto testimoniando la telefonata vera, quella cioè della questura che chiama il ministro dell’Interno», disse. E all’allora senatore Miguel Gotor, che indicava come orario le 11, rispose: «Più o meno a quell’ora, sì».

L’artificiere Raso e Signorile si smentiscono a vicenda
Va detto che nel 2012 era stato pubblicato un libro di memorie dell’artificiere che intervenne quella mattina in via Caetani, Vitantonio Raso, il quale ha sostenuto di essere arrivato lì tra le 10.30 e le 10.45. E di aver parlato con Cossiga, che era già presente in strada. Peraltro non c’è traccia di sue relazioni di servizio.
Le affermazioni di Raso, per inciso, contrastano con quelle di Signorile: se Cossiga stava già in via Caetani, come poteva essere alla stessa ora con Signorile al Viminale? La procura di Roma, comunque, a suo tempo incriminò Raso per calunnia. E della cosa non si è più sentito parlare.
Che cosa ci dice tutto questo? Quanto meno che quell’orario non è riscontrato (né è più riscontrabile).

Gli orari della centrale operativa dei carabinieri
D’altra parte, il registro delle comunicazioni telefoniche della legione Roma dei Carabinieri di quel giorno attesta alle 13.50 il rinvenimento del cadavere nella R4 rossa, alle 13.59 la sua identificazione e dalle 14.01 in poi l’informazione a tutte le autorità, a partire dalla Presidenza della Repubblica. Ce n’è insomma abbastanza per prendere la cosa (assieme a molte altre) con tutte le molle possibili.

11 pensieri su “Il caso Moro e Report, quante bugie. Signorile e l’artificiere di via Caetani si smentiscono a vicenda

  1. Ma lo seppero prima del rinvenimento, per via di una seduta spiritica?
    Ma il pusher che forniva i “palazzi” è stato mai ascoltato dai magistrati?
    Mi sa che giravano tanti, troppi allucinogeni i cui effetti sono soggettivi: ecco spiegato perché tra questi c’è come una corsa a chi ha visto il drago più grosso che la spara in proporzione alle dimensioni.
    Intanto il volume d’affari di questa strategia dietrologica e volutamente ingarbugliata, cresce.

  2. I socialisti hanno finto di volere la liberazione di Aldo Moro. Sono il “poliziotto buono” in una turpe commedia di Stato Dopo aver tolto dalla scena Francesco De Martino, hanno nascosto le bestiali torture su Aldo Moro, attraverso il legale della famiglia Moro, il socialista Giuliano Vassalli. Fu costui a chiedere il sequestro urgente e su tutto il territorio nazionale dell’Europeo del 4 aprile 1979, sul quale Roberto Chiodi ne dava conto.
    Furono in prima fila contro Giovanni Leone.
    l’Italia girò all’Urss 650milioni di dollari, tutto l’assegno ricevuti nel 1977 dalla Banca Mondiale.
    Il PCI e il Psi pugliesi odiavano Aldo Moro.
    Al Quirinale ascese il Pertini, altrimenti ineleggibile.

    • Generale..perché Pertini sarebbe stato ineleggibile , solo per accordi partitici che lo consentirono o per cos’altro . Non ho ancora letto il suo libro ..

  3. Non è una risposta semplice. Alcune pagine della seconda edizione le dedicherò a questo argomento. Il rapimento di Antonio De Martino, a Napoli il 7 aprile 1977, si concluse col pagamento di 1miliardo di lire di riscatto e la fine della candidatura al Quirinale del padre, Francesco. La strada verso il Quirinale per Aldo Moro sembrò in discesa fino a Via Fani. Il presidente Giovanni Leone fu defenestrato con accuse false e minacce. Il Parlamento tirò fuori dal cilindro Pertini al quale seguì tale Cossiga Francesco. A lei sembra tutto normale? A me no. La successione d’una casa reale si legittima col sangue. La successione al Quirinale deve legittimarsi col rispetto della Costituzione e della legge, ambedue e rigidamente. Il mio libro dimostra che tale rispetto è del tutto mancato.

    • Grazie per la risposta generale.
      De Martino padre comunque era anch’egli per l’apertura al PCI e questo effettivamente fa pensare .

  4. L’apertura al PCI poteva spaventare solo i conservatori incartapecoriti. Di certo non era fra le angosce di Giovanni Agnelli padrone di Togliattigrad. Se l’apertura fosse stata la vera preoccupazione, sarebbe stato sufficiente lasciar lavorare Aldo Moro, in grado di sfiancare qualunque amico/avversario. Fu invece una questione di potere e di soldi. Come tale guai a osservarla con criteri manichei, per esempio “destra contro sinistra”. Il potere e i soldi vanno col più forte, quale che sia il suo colore. D’altronde lo strappo di Berlinguer con Mosca era un finzione, in quel 1976, quando il sardo si disse più tranquillo sotto l’ombrello NATO. Sono occorsi 24 anni https://shorturl.at/guwyz per sapere che in quel momento Mosca e Berlinguer erano d’accordo. Aldo Moro non lo sapeva, il generale Miceli, moroteo capo dei servizi, fu fatto fuori da una congiura di palazzo e non poté aiutare Aldo Moro. Ah, dimenticavo: Berlinguer fu d’accordo con Mosca dopo l’attentato a Sofia del 3 Ottobre 1973. Un vecchio proverbio americano, caro a Kissinger, recita: “Tiralo per le palle, ti seguirà con la mente e col cuore”.

    • Quindi perché i servizi segreti militari sovietici avrebbero dovuto prelevare Moro , prima di via Fani, facendo credere ad una operazione delle BR ,se Breznev era d’accordo con Berlinguer per la permanenza del PCI nella Nato (quando la base voleva uscirne) e ci fu la ricongiunzione con lo stesso dopo “l’incidente” del 1973 a Sofia, ma anche considerando che Moro era ufficialmente per una apertura al PCI nel governo non “accontentandosi” dell’appoggio esterno?

  5. Lei mi porta sulla cattiva strada della dietrologia.
    Il mio libro è, nella prima metà, un’analisi tecnica che smonta le bugie dello Stato italiano – non della CIA o del Kgb – su via Mario Fani, bugie corali dello Stato, con BR e stampa.
    Nella seconda edizione espungerò il capitolo sugli anagrammi, perché l’ho messo sui circuiti internazionali https://shorturl.at/bxB12, dopo aver udito le idiozie d’una sciacquetta, amministratrice d’un gruppo Facebook, formalmente ispirato al 16 di marzo, in realtà vocato alla disinformazione a favore del PCI. Perché il PCI necessita tuttora delle bugie su FB e di Rai3?
    Gli anagrammi sono la soluzione definitiva se solo verranno verificati con un moderno super computer che risponderebbe in meno di quindici minuti al dubbio circa la loro attendibilità. Ho chiesto alla magistratura di procedere con la verifica. Lo faranno? Non lo so. Negli anagrammi ci sono tutte le risposte che porterebbero a chiudere il caso. Ve ne sono anche altri, a mio avviso, ancora da decrittare e darebbero esiti ancor più clamorosi.

    La dietrologia. Le questioni politiche internazionali dietro via Mario Fani mi trovano tiepido, per ora. Occorrerebbero molte più informazioni documentali di quante ne disponiamo. Le elenco alcune questioni alle quali accenno vagamente nel libro, perché a mio avviso sono sufficientemente sostenibili.
    Kissinger, l’ultimo Machiavelli moderno, quando gli hanno offerto la testa di Aldo Moro su un piatto d’argento, perché doveva rifiutarla? I primi nemici di Aldo Moro erano e sono in Italia, allora in sardegna e Piemonte: potere e soldi, come le ho detto in precedenza.
    L’Unione sovietica, che sognava l’invasione dell’Europa, quando ha visto la possibilità di inserirsi nella frattura causata da Saragat che afferra per il collo Antonio Segni, poi dimessosi a causa del conseguente ictus, è stata abilissima a destabilizzare il più importante alleato della NATO nel Mediterraneo centrale, utilizzando i suoi tentacoli nel PCI, nella DC, nel PSI e nel PRI, gli sciocchi pacciardiani in prima fila.
    I servi italiani di Mosca non sono mancati, in Sardegna come a Torino, e Kissinger ha lasciato fare, perché tutto confluiva nel suo disegno globalista.
    Mosca ci è cascata di nuovo con Giovanni Paolo II, che dava fastidio a Kissinger, armando i sandinisti in Nicaragua, perché gli americani organizzavano per 5mila dollari i safari contro i nativi. Le prime due iniziative di Giovanni Paolo, lo stesso giorno dell’insediamento, furono: 1) avviare i contatti per il riconoscimento di Israele; 2) armare i sandinisti.
    Vede, se Giovanni Paolo II fosse morto, organizzare la rivoluzione in Polonia sarebbe stato uno scherzo per Kissinger. In tal caso l’Urss sarebbe caduta nel sangue e non, com’è successo, senza sparare un colpo, la notte del Santo Natale cattolico del 1991.
    Figurarsi i salti di gioia di Kissinger quando Mosca armò Ali Agca. Kissinger, globalista, non poteva che lasciar fare chi aiutava il proprio progetto.
    Vi sono tre leggi millenarie: 1) gli Stati nascono e muoiono con la guerra; 2) gli Imperi crollano; 3) le cose cambiano, ma come Dio vuole.
    Le tre leggi hanno avuto una duplice dimostrazione nella fine dell’Urss e in quella della Cecoslovacchia. Speriamo che il Signore le replichi senza guerra nucleare con gli Imperi attuali, tutti.Le premesse non sono tuttavia incoraggianti.
    Conclusione. Fu una gara di idiozia fra i sardo piemontesi e Mosca. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
    Ora mi perdonerà se le chiedo di chiudere qui la discussione. Grazie davvero per i suoi spunti di riflessione.

    p.s. Non mi chiami generale, per favore. “Laporta” è più che sufficiente: finché non saranno imprigionati i generali dei Carabinieri che hanno tradito Aldo Moro, non mi mescolo con tale genia. Io sono un integerrimo servitore dello Stato e della Repubblica.

    • La ringrazio molto per il compendio che pur tuttavia, come dice , necessiterebbe di una acquisizione di prove documentali ad oggi impossibile da reperire ; specificatamente in riferimento alla vicenda di via Fani. Comunque, le osservazioni sugli aspetti generali della politica e degli interessi di lobbies economiche dell’epoca, consentono ulteriori riflessioni, anch’esse a rischio dietrologico se non collocate con logica perizia e scevre da retaggi ideologici,in quel quadro globale ; per cui , queste osservazioni,nel rispetto di tali precauzioni, risultano evidentemente più attendibili e preziose di notizie divulgate da un qualunque gruppo Facebook, come dice .

  6. Ah, dimenticavo. Trovo alquanto bizzarro e grottesco che gli epigoni dei sardo piemontesi riaccreditino un PSI trascolorato, grazie alla morte di Aldo Moro, in un’associazione a delinquere, infine facile preda del consolato USa di Milano e d’un pm semianalfabeta. E’ un carnevale.

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