Se fare storia è un reato

Paolo Persichetti

La libera ricerca storica è ormai divenuta un reato. Per la procura di Roma sarei colpevole di «divulgazione di materiale riservato acquisito e/o elaborato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sequestro e l’omicidio dell’on. Aldo Moro». Per questa ragione martedì 8 giugno dopo aver lasciato i miei figli a scuola, da poco passate le nove del mattino, sono stato fermato da una pattuglia della Digos e scortato nella mia abitazione dove ad attendermi c’erano altri agenti appartenenti a tre diversi servizi della polizia di Stato: Direzione centrale della Polizia di Prevenzione, Digos e Polizia postale. Ho contato in totale 8 uomini e due donne, ma credo ce ne fossero altri rimasti in strada. Una tale dispiegamento di forze era dovuto alla esecuzione di un mandato di perquisizione e contestuale sequestro di telefoni cellulari e ogni altro tipo di materiale informatico (computers, tablet, notebook, smartphone, hard-disk, pendrive, supporti magnetici, ottici e video, fotocamere e videocamere e zone di cloud storage), con particolare attenzione per il rinvenimento delle conversazioni in chat e caselle di posta elettronica e scambio e diffusione di files, nonché ogni altro tipo di materiale. Decreto disposto dal sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma Eugenio Albamonte che ha dato seguito ad una informativa della Polizia di Prevenzione del 9 febbraio scorso. La perquisizione è terminata alle 17 del pomeriggio e ha messo a dura prova lo stesso personale di polizia estenuato dalla quantità di libri e materiale archivistico (scampato pochi mesi fa a un incendio), raccolto dopo anni di paziente e faticosa ricerca.
La divulgazione di «materiale riservato» (sic!), secondo la procura della Repubblica si sarebbe concretizzata in due reati ben precisi, il favoreggiamento (378 cp) e l’immancabile 270 bis, l’associazione sovversiva con finalità di terrorismo, che avrebbero avuto inizio l’8 dicembre 2015. Da cinque anni e mezzo, secondo la procura, sarebbe attiva in questo Paese un’organizzazione sovversiva (capace di sfidare persino il lockdown) di cui nonostante le molte stagioni trascorse non si conoscono ancora il nome, i programmi, i testi e proclami pubblici e soprattutto le azioni concrete (e violente, senza le quali il 270 bis non potrebbe configurarsi). E’ legittimo, a questo punto, chiedersi se il richiamo al 270 bis sia stato un espediente, il classico “reato passepartout”, che consente un uso più agevolato di strumenti di indagine invasivi (pedinamenti, intercettazioni, perquisizioni e sequestri), in presenza di minori tutele per l’indagato.
L’8 dicembre del 2015 era un martedì in cui cadeva la festa dell’immacolata. In quei giorni la commissione parlamentare presieduta da Giuseppe Fioroni discuteva ed emendava la bozza finale della relazione che chiudeva il primo anno di lavori, approvata appena due giorni dopo, il 10 dicembre. Copie di quella bozza finale erano pervenute in tutte le redazioni d’Italia ed io presi parte, per conto di un quotidiano con il quale collaboravo, alla conferenza stampa di presentazione.
Cosa abbia giustificato un tale imponente dispositivo poliziesco, il saccheggio della mia vita e della mia famiglia, la perquisizione della casa, la sottrazione di tutto il mio materiale e dei miei strumenti di lavoro e di comunicazione, della documentazione amministrativa e medica di mio figlio disabile di cui mi occupo come caregiver, la spoliazione dei ricordi della mia famiglia, foto, appunti, sogni, dimensioni riservate, la nuda vita insomma, non so ancora dirvelo. Ne sapremo qualcosa di più nei prossimi giorni, quando la procura a seguito della richiesta di riesame avanzata dal mio difensore, avvocato Francesco Romeo, dovrà versare le sue carte.

Quello che è chiaro fin da subito è invece l’attacco senza precedenti alla libertà della ricerca storica, alla possibilità di fare storia sugli anni 70, di considerare quel periodo ormai vecchio di 50 anni non un tabù, intoccabile e indicibile se non nella versione quirinalizia declamata in queste ultime settimane, ma materia da approcciare senza complessi e preconcetti con i molteplici strumenti e discipline delle scienze sociali, non certo penali e forensi.
Oggi sono un uomo nudo, non ho più il mio archivio costruito con anni di paziente e duro lavoro, raccolto studiando i fondi presenti presso l’Archivio centrale dello Stato, l’Archivio storico del senato, la Biblioteca della Camera dei deputati, la Biblioteca Caetani, l’Emeroteca di Stato, l’Archivio della Corte d’appello e ancora ricavato da una quotidiana raccolta delle fonti aperte, dei portali istituzionali, arricchito da testimonianze orali, esperienze di vita, percorsi. Mi sono state sottratte le tonnellate di appunti, schemi, note e materiali con i quali stavo preparando diversi libri e progetti. Ho dovuto rinunciare in queste ore a un libro che dovevo consegnare nel corso dell’estate, perché i capitoli sono stati sequestrati. Forse qualcuno ha pensato di ammutolirmi relegandomi alla morte civile. Quel che è avvenuto è dunque una intimidazione gravissima che deve allertare tutti in questo Paese, in modo particolare chi lavora nella ricerca, chi si occupa e ama la storia.
Oggi è accaduto a me, domani potrà accadere ad altri se non si organizza un risposta civile ferma, forte e indignata.

24 pensieri su “Se fare storia è un reato

  1. La leggo da anni, sempre con molto interesse, sono veramente dispiaciuto per quello che le sta capitando e spero che questa storia finisca presto e le venga restituita la serenita.

  2. Un saluto di amichevole solidarietà a Paolo Persichetti. In quel Paese (intendo l’Italia ma vivo in Svizzera) chi ha commesso errori (il compagno Paolo non è certo un assassino o un “feritore”) dev’essere perseguitato per tutta la vita? Da magistrati che dovrebbero invece occuparsi di delinquenza reale, evasione fiscale, disastri ambientali, morti sul lavoro; e anche delle tonnellate di sporcizia nella stessa loro magistratura (risparmio il lunghissimo elenco).

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  4. Sottoscrivo tutto quello che scrivi.

    Si stanno vendicando di te perché hai messo in ridicolo la commissione parlamentare che ha cercato di rendere verità storica una visione stupida delle brigate rosse, basata su guazzabuglio di pseudo-fatti conditi da tanta dietrologia e conformismo, e forse anche un pizzico di senso di colpa.

    Solidarietà dai compagni di Lisbona

  5. Tutta la mia solidarietà Paolo!!! Meno male che ci sono ricercatori o storici come te, Satta, Clementi, Sabatucci, Santalena, Armeni e altri che fanno questo lavoro seriamente attrverso i documenti. Grazie!!! Non come certi giornalisti e pubblicisti che non so più neanche come definire.
    Un abbraccio!!!

  6. In questa posizione ( di difesa dell’onorevole Gui) troviamo unita la Democrazia Cristiana ed intendiamo con essa difendere la Democrazia Cristiana nel suo insieme. Ci siamo divisi qualche volta, ma su cose minori, su cose opinabili. Quando però si è trattato di grandi temi, di grandi scelte, di grandi valori, noi non ci siamo divisi, a dimostrazione del fatto che obbiettivamente l’area della verità era più ampia della nostra personale convinzione. Difendiamo dunque uniti la Democrazia Cristiana… non si tratta di un primato quale che sia, della Democrazia Cristiana, il quale è del resto una fredda constatazione dei fatti, fatti importanti anche perché durevoli, il che dimostra che essi hanno non ragioni occasionali, ma radici storiche… Quello che non accettiamo è che la nostra esperienza complessiva sia bollata con il marchio dell’infamia in questa sorta di cattivo seguito di una campagna elettorale esasperata. Intorno al rifiuto dell’accusa che in noi , tutto e tutti sia da condannare, noi facciamo quadrato davvero. Non so quanti siano a perseguire questo disegno politico, ma è questa, bisogna dirlo francamente, una prospettiva contraddittoria con la linea di collaborazione democratica. A chiunque voglia travolgere globalmente la nostra esperienza; a chiunque fare un processo, morale e politico, da celebrare, come si è detto cinicamente, nelle piazze, noi rispondiamo con la più ferma reazione e con l’appello , pubblica che non ha riconosciuto in noi una colpa storica e non ha voluto che la terra forza fosse diminuita.. Se avete un minimo di saggezza, della quale, talvolta, si sarebbe indotti a dubitare, vi diciamo fermamente di non sottovalutare la grande forza dell’opinione più che, da più di tre decenni, trova nella
    Democrazia Cristiana la sua espressione e la sua difesa. Credo che essa non intenda rinunciare a questo modo di presenza, così come noi non pensiamo di rinunciare a questa forza, ai diritti che ne conseguono ed ai compiti che ci sono affidati. Si tratta di cose estremamente serie, ed è doveroso in questo momento riaffermare le ragioni della libertà e la necessaria integrità del paese nella sua sostanza
    sociale e politica.

  7. Paolo non perderti d’animo. Anche senz carte puoi dire quello che pensi. Riesci a dirlo benissimo, anche senza riferimenti. Il vento della storia si percepisce anche senza carte. Tutta la mia solidarietà. Tano

  8. E’ una strategia pianificata per agitare lo spettro di un’inesistente minaccia terroristica e cosi’ mettere alle strette la magistratura francese sull’estradizione dei parigini, a cui evidentemente tengono proprio tanto.

  9. Le esprimo la massima solidarietà. Continui con il suo lavoro perchè alla fine il tempo è sempre galantuomo

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