Sequestro Moro, le carte e le testimonianze che smentiscono le dietrologie su via Caetani /terza puntata

A partire dal 2010 alcune inchieste giornalistiche e libri pubblicati negli anni successivi, ripresi recentemente anche da una trasmissione televisiva della Rai, hanno diffuso una ricostruzione alternativa sulle ultime ore della vita di Moro, sulle circostanze della sua morte e del ritrovamento del suo corpo in via Caetani. L’analisi delle indagini condotte all’epoca, i documenti e le testimonianze dimostrano l’infondatezza di queste ricostruzioni dietrologiche

Paolo Morando e Paolo Persichetti, Domani 9 marzo 2024

Questa immagine fotografa la situazione di attesa: lo sportello posteriore destro della Ranault 4 è stato aperto, all’interno è stata verificata la presenza del corpo di Moro. Funzionari di polizia in borghese sono in attesa delle autorità. Davanti alla Renault la Fiat 500 del custode di palazzo Antici-Mattei, più avanti di traverso la Giulia bianca Alfa Romeo della Digos intervenuta per prima sul posto

Che cosa accadde davvero il 9 maggio del 1978 in via Caetani? Le dichiarazioni dell’ex vice segretario del Partito socialista Claudio Signorile a Report del 7 gennaio scorso, in un servizio su nuove presunte verità sulle Brigate rosse e il sequestro di Aldo Moro, hanno riacceso l’attenzione sulle modalità del ritrovamento del corpo del presidente della Democrazia cristiana. Da diversi anni Signorile sostiene che Cossiga (con lui presente) venne informato quella mattina della morte di Moro in largo anticipo rispetto alla telefonata delle Brigate rosse. E lascia intendere intendere che a ucciderlo non furono i brigatisti, per il rifiuto di trattare da parte del governo e dei partiti schierati per la «fermezza», bensì forze straniere che condizionarono l’esito finale del sequestro: una volontà superiore a cui i brigatisti, semplici figuranti di un gioco più grande di loro, dovettero adattarsi. Forse addirittura cedendo l’ostaggio.

I ricordi tardivi
Storici, giudici e poliziotti, abituati a valutare le testimonianze e lavorare con la memoria, sanno bene che i ricordi tardivi dei testimoni rappresentano uno degli aspetti più problematici nella ricostruzione dei fatti, perché troppo esposti al rischio di inquinamento da informazioni e narrazioni circolate nel frattempo. Nelle ore successive al ritrovamento del corpo di Moro in via Caetani all’interno della Renault 4 color amaranto, digos e carabinieri condussero però serrate indagini sui testimoni passati fin dalle del prime ore del mattino in quella via o che lavoravano nei palazzi adiacenti. Queste testimonianze offrono un quadro esauriente per ricostruire quel che avvenne la mattina del 9 maggio 1978.
La signora Carla Antonini affermò di aver visto alle 8,10, mentre a piedi si recava al suo posto di lavoro, la Renault 4 parcheggiata quasi davanti al portone di palazzo Antici-Mattei dove era impiegata nella discoteca di Stato. La testimonianza venne rafforzata da successive dichiarazioni dell’attrice Piera Degli Esposti, sentita dopo il 2013 nell’indagine aperta per verificare la veridicità delle affermazioni di uno degli artificieri che bonificarono la Renault 4 quel giorno, Vitantonio Raso, secondo cui il cadavere di Moro fu trovato molto prima della telefonata delle Br e Cossiga si sarebbe recato sul posto una prima volta intorno alle 11 del mattino e una seconda dopo la diffusione ufficiale della notizia.
Degli Esposti smentì questa possibilità poiché quella mattina aveva atteso inutilmente, proprio nelle ore indicate da Raso, appoggiata inconsapevolmente sulla R4, il direttore del Dramma antico, i cui uffici si trovavano al terzo piano di palazzo Antici-Mattei. Anche altri testi sentiti hanno confermato questa ricostruzione: Annamaria Venturini della Biblioteca di storia contemporanea, Francesca Loverci e Giuseppe D’Ascenzo, entrambi dipendenti del Centro studi americani situato nello steso palazzo, e Francesco Donato che vi risiedeva come custode demaniale. Tutti e tre percorsero più volte via Caetani quella mattina senza mai scorgere presenza della polizia o assembramenti con personalità politiche.

L’arrivo della polizia dopo la telefonata delle Br
È D’Ascenzo a situare il momento in cui arriva sul posto la prima auto della polizia: era uscito dal lavoro alle 10,15 per rientrarvi alle 11 e uscire nuovamente un quarto d’ora dopo per rientrare alle 12,15 quando si accorgeva di una Alfa Giulia bianca in doppia fila accanto alla Renault 4, con a bordo persone in abiti civili che gli chiesero se ne conoscesse il proprietario. Era la pattuglia della Digos guidata dal commissario capo Federico Vito, che in una relazione di servizio scrive di essere stato avvisato dal brigadiere Mario Muscarà, addetto al servizio intercettazioni telefoniche, che era sopraggiunta una telefonata al professor Tritto in cui si annunciava che «il corpo di Moro si trovava in una Renault targata N…. parcheggiata in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure». Il brogliaccio redatto da Muscarà riferisce l’arrivo della telefonata alle 12,10 e la sua conclusione alle 12,13, oltre al tentativo fallito di individuare la cabina da dove la chiamata era partita.
Il commissario Vito si recava immediatamente sul posto con il brigadiere Domenico D’Onofrio, l’appuntato Angelo Coppola e la guardia Nicola Marucci. «Poiché nel bagagliaio si notava una coperta che ricopriva qualcosa di voluminoso – scrive – ho fatto aprire forzatamente l’auto da un Sergente artificiere ed ho constatato che, sotto la suddetta coperta, si trovava il cadavere dell’On.le Aldo Moro». Altre testimonianze, e soprattutto le foto e le immagini esclusive riprese dalla troupe di Gbr, emittente romana, con il giornalista Franco Alfano che riuscì ad entrare nel palazzo Antici-Mattei e riprendere dall’alto quello che avvenne, mostrano che i tempi di apertura della R4 furono molto più lunghi e laboriosi.

Cucchiarelli e la versione dell’artificiere
In una intervista con Paolo Cucchiarelli e Manlio Castronovo, dopo l’uscita nel 2013 del suo libro La bomba umana, l’artificiere Raso conferma indirettamente la sequenza dei fatti descritta dal commissario Vito. Sostiene, infatti, di essere stato prelevato dalla «volante 23» per essere portato in via Caetani. Non poteva quindi essere sul posto alle 11, se la digos era arrivata solo alle 12,15 e Vito aveva chiesto il suo intervento solo successivamente (accusato del reato di calunnia per queste affermazioni, Raso ha patteggiato la condanna in tribunale).
Non solo: come dimostrano le immagini (e come riferisce il suo superiore Giovanni Chirchetta), Raso non tocca la Renault ma attende rinforzi. Mentre Chirchetta e il sergente Casertano giunsero sul posto dopo Raso. Nel frattempo, sono ormai le 13,35 circa, il custode di palazzo Antici-Mattei avverte gli impiegati delle voci sulla presenza di una bomba nella Renault, così tutti si precipitano all’uscita per spostare le auto.
È ancora il teste D’Ascenzo a riferire con precisione quel che accade: sceso all’ingresso del palazzo nota «che un uomo in borghese, probabilmente un agente di polizia, ha aperto la macchina e dopo aver guardato all’interno è venuto verso di noi dicendo: “È Moro”».

Un funzionario di polizia apre lo sportello della Renault
Chi era quel poliziotto? Tutte le immagini di quel giorno mostrano che lo sportello posteriore destro della R4 fu aperto molto prima che fosse forzato dagli artificieri con le cesoie il portellone posteriore. Un rapporto stilato dal commissario Vito consente di fissare con maggiore esattezza l’orario della prima apertura: si tratta del sequestro avvenuto alle ore 13,20 del borsello di pelle nera presente al suo interno e contenente effetti personali di Moro.
In una audizione del 2 maggio 2017, davanti alla commissione Moro 2, sarà Elio Cioppa a sostenere di avere aperto lo sportello e aver verificato che nel bagagliaio posteriore, sotto la coperta, c’era il corpo di Moro. Cioppa disse di esser arrivato in via Caetani dopo il commissario Vito con una cinquantina di uomini per predisporre il controllo dell’ordine pubblico nella zona. E le foto scattate in via Caetani prima dell’apertura del portellone posteriore e dell’arrivo delle autorità mostrano accanto alla R4 diverse persone in giacca e cravatta, tra cui si riconosce il tristemente famoso Nicola Ciocia, alias dottor De Tormentis, funzionario dell’Ucigos esperto di waterboarding per sua stessa ammissione.

Scatta il piano Mike
Le stesse immagini mostrano che all’arrivo di Cossiga, si può presumere dopo le 13,30, il portellone posteriore non era stato ancora forzato e che il ministro dell’Interno, insieme al capo della Digos Domenico Spinella e al capo della polizia Ferdinando Masone, si sporge sul vetro del lunotto per vedere il corpo di Moro. L’apertura avverrà solo in seguito, quando lo stesso Cossiga, stando agli artificieri, chiederà la bonifica del mezzo. Alle 13,45, come prevedeva il piano Mike, predisposto in precedenza dal ministero dell’Interno in caso di morte dell’ostaggio, venne avvertito il procuratore generale Pietro Pascalino, alle 13,56 il medico legale Silvio Merli e alle 14,02 il perito balistico Antonio Ugolini.

La Renault 4 fu sempre nella mani dei brigatisti
Rubata da Bruno Seghetti il primo marzo del 1978 nella stessa zona dove vennero prese gran parte delle vetture impiegate in via Fani, venne affidata alla brigata universitaria che si occupò di cambiarne la targa, contraffare i documenti, lavarla (il proprietario lavorava nei cantieri edili e la Renault era molto sporca) e spostarla periodicamente. Utilizzato per l’azione contro la caserma Talamo dei carabinieri a Roma, il 19 aprile del 1978, fu richiesta da Seghetti pochi giorni prima del 9 maggio, quando le Brigate rosse avevano deciso di concludere il sequestro. La decisione di giustiziare l’ostaggio e le modalità della sua esecuzione vennero prese l’8 maggio in una drammatica riunione della direzione della colonna romana tenutasi nell’appartamento di via Chiabrera 74, dopo le mancate dichiarazioni di apertura promesse da Fanfani attraverso il suo portavoce Bartolomei.

Il frontalino della Renault venne notato dalla signora Graziana Ciccotti, condomina della palazzina di via Montalcini 8, all’alba della mattina del 9 maggio quando scese nel garage dell’abitazione per andare al lavoro e incontrò sul posto Anna Laura Braghetti, proprietaria dell’appartamento nel quale Moro fu tenuto prigioniero durante i 55 giorni del sequestro.
 Dopo l’uccisione dello statista all’interno del box dove era parcheggiata la Renault, il mezzo fu portato da Mario Moretti e Germano Maccari in via Caetani. All’altezza di piazza Monte Savello, a ridosso del ghetto ebraico, furono “scortati” da Bruno Seghetti e Valerio Morucci, che all’interno di una Simca fecero da staffetta armata nella parte più delicata del tragitto fino a via Caetani, dove la sera prima lo stesso Seghetti aveva parcheggiato la sua Renault 6 verde per preservare il posto dove lasciare la Renault 4. Poco dopo il mezzo fu visto dalle testi Antonini e Degli Esposti. Negli ultimi giorni del sequestro i brigatisti non persero mai il controllo dell’ostaggio.

11 pensieri su “Sequestro Moro, le carte e le testimonianze che smentiscono le dietrologie su via Caetani /terza puntata

  1. La signora Ciccotti non disse MAI di avere visto una Renault, ma solo una generica auto rossa, peraltro solo per una piccola porzione anteriore, e in un tempo variabile antecedente il 9 maggio.

    Fu solo a seguito del rinvenimento del cadavere di Moro dentro quella Renault che, avendo già maturato nei mesi precedenti, come disse sempre in tutte le sedi, alcuni elementi generici di sospetto sulla coppia abitante nel suo stesso condominio, si ricordò del frontalino dell’auto rossa e decisa di parlare degli occupanti di via Montalcini all’Avv. Martignetti, parente del marito.

    • Andrea Guidi per favore, nell’articolo c’è scritto «
Il frontalino della Renault venne notato dalla signora Graziana Ciccotti». Il resto è noto da decenni, non ce lo deve spiegare lei. Si preoccupi piuttosto di quel che accade al suo Giraudo. Le imposture prima o poi vengono a galla. Buona serata!

      • Non capisco perché lei mi appioppi un’appropriazione indebita del “mio” Giraudo. Non vedo proprio cosa c’entri. Non conosco il colonnello Giraudo, ma soprattutto Non c’entra proprio nulla col merito della questione. Che poi sia tutto noto da decenni, è probilmente un suo moto dell’animo.

      • Guidi non fraintenda volontariamente. Quando dico il resto è noto mi riferisco ai passaggi Ciccotti-Piazza-Martignetti-Gasparri-Rognoni. Non faccia il finto tonto e su Giraudo se ne faccia una ragione.

      • Guardi Persichetti, sulla questione Ciccotti ho fatto una mia ricrrca autonoma almeno 6 o 7 anni fa, pubblicata sul blog “sedicidimarzo.org”, la cui prima parte ha oltre 10.000 visualizzazioni.

        La trafila che lei dice -Ciccotti, Martignetti, Gaspari, ecc.- la conosco meglio di lei, credo, o almeno come lei. E del tutto a prescindere da Giraudo, ma semplicemente leggendo le carte agli atti della CM-1 (che poi sono quelle dei processi) e della CM-2.

        Il punto è quello che le ho evidenziato, a lei e ai rispettabili lettori di questa sua pagina: la Ciccotti non parò MAI di Renault 4.

        Il fatto che lei mi risponda che nell’articolo c’è scritto “frontalino di Renault 4”, mi scusi, cosa attesterebbe? Io le dico allora che una buona parta, forse la maggior parte, dei testi di via Fani vede Moro caricato sulla 128 bianca. Dunque?

      • Guidi, le ho prestato più volte attenzione, le ho anche dato, su sua richiesta, in passato indicazioni su circostanze e documentazione a lei ignota. Purtroppo però il confronto con lei si è rivelato per nulla proficuo, anche per certi suoi toni e modalità di approccio e una sostanziale disonestà di fondo.
 Faccio l’ennesimo, inutile sforzo. Intanto mi congratulo per il fatto che si sia occupato della vicenda, anche se solo 6 o 7 anni fa nonostante fosse nota da decenni. In ogni caso poiché sostiene di conoscere le carte, spero (?), sarà più facile intenderci. 
In questa vicenda un po’ complicata bisogna andare alla genealogia dei fatti, al pari della storia della seduta spiritica di Prodi. Ovvero alle informazioni più vicine possibili a quei giorni del maggio 1978 e non ha quanto dichiarato a un decennio di distanza da Ciccotti e marito. Come per la seduta spiritica è dirimente il messaggio vergato da Sanza dopo il colloquio con Cavina nei giorni del sequestro, e non le dichiarazioni ex-post confezionate anni dopo da Prodi e company davanti alla commissione parlamentare per arrangiare la vicenda e coprire la fonte, che per altro riportava una info «sporca», qui è dirimente partire dalla notizia più vicina ai fatti. 
Ovvero quella che giunge al capo della polizia Coronas diverse settimane dopo la morte di Moro: si parla di via Montalcini 8 e di una Renault rossa vista all’interno del garage della palazzina. D’altronde la successiva indagine dell’Ucigos non sarebbe scattata se l’indicazione avesse riguardato una generica macchina rossa, visto che ne circolavano milioni. E in quei giorni, come sempre accade in queste circostanze, fioccavano decine di segnalazioni. L’informazione risale dall’avvocato Martignetti a Gaspari che la verga su un foglietto, la passa a Rognoni che la passa a Coronas che attiva De Francisci, capo dell’Ucigos. Martignetti aveva ricevuto la confidenza dal marito della Ciccotti suo parente con l’impegno di garantire l’anonimato assoluto e così sarà per circa 10 anni, La pavida coppia, Ciccotti-Piazza, si guarderà bene dal riferire agli agenti dell’Ucigos che a luglio 78 conducono l’inchiesta in via Montalcini (originata dalla lora soffiata) quello che avevano visto. Un inceppo decisivo che rende vana l’indagine. 
E quando, una volta scoperti, saranno obbligati a rispondere tenteranno in tutti i modi di ridimensionare il loro ruolo, parlando di generica macchina rossa eccetera. Un vero trionfo della pavidità.
 Il tutto, ovviamente, va incrociato con la testimonianza della Braghetti. Preoccupatissima – a buon ragione – per l’incontro con la Ciccotti dentro il garage la mattina del 9 maggio. Braghetti capisce subito che Ciccotti ha visto troppo, infatti la base verrà smantellata nello ore successive della falsa parete che nascondeva il cubicolo dove Moro era nascosto e tutti, tranne la proprietaria, andranno via. Gli arresti con tortura del 17 maggio mettono in ulteriore allerta la colonna romana che sente il fiato della polizia avvicinarsi. La Braghetti resta vigile e si accorge subito di essere controllata. Mantiene una condotta, casa e ufficio, che non desta sospetti, trasloca e semina i pedinatori. Se la Ciccotti avesse tenuto un atteggiamento diverso, invece di limitarsi a far pervenire in via anonima e riservata quanto visto, forse oggi staremmo a commentare una storia diversa.
 Se poi si vuole utilizzare la pavidità della Ciccotti per altri fini, mi sembra che siano già in molti ad averlo fatto.
 Chiudo qui la conversazione. Ho altro da fare. Mi scusi.

  2. Non sono assolutamente d’accordo con la ricostruzione della apertura della macchina, che so non essere andata così anche per ovvi motivi: nessuno ha toccato la coperta confermando il sospetto che il cadavere fosse quello di Moro fino all’apertura del portellone posteriore, poiché si temeva fosse collegata ad esplosivi. Ma non è questa la cosa rilevante né è rilevante che Cossiga passò due volte a via Caetani (una a portellone posteriore ancora chiuso ed una a portellone aperto) e che vi passò ad un orario piuttosto che ad un altro , perché queste sono cose che non dimostrano davvero nulla e che potrebbero avere decine di spiegazioni diverse. Posso piuttosto chiedere se Seghetti ha mai detto perché ha scelto via Caetani, che è una via piena di significato e di presenze al limitare del Ghetto? La mia curiosità non nasce da desiderio di complottismo ma dal fatto che io amo moltissimo via Caetani e la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea dove ho vissuto molto intensamente i miei ultimi due anni da studente.

    • Laura Moretti domandarsi ancora, nel 2024, perché la Renault venne lasciata in via Caetani è abbastanza sconcertante. Visto che è stato compreso da tutti subito. Il mondo politico, le forze di polizia, l’informazione, la gente comune. Fu la risposta delle Br ai partiti della fermezza che non vollero trattare. Moro fu riportato sotto i loro palazzi a due passi dall’ingresso di Botteghe oscure e di piazza del Gesù. Che poi la scelta sia stata via Caetani all’altezza della biblioteca di storia moderna e contemporanea e della mediateca di Stato e non all’inizio della via o in via dei Funari è dipeso unicamente dal fatto che lì trovarono parcheggio libero la sera precedente per piazzarvi il mezzo che serviva a tenere il posto fino al mattino precedente. Poteva essere 20 metri prima o dopo, cambiava poco. Glielo hanno riportato sotto il naso. Un atto politico enorme. D’altronde anche D’urso venne lasciato nello stesso quartiere che si presta per il reticolo di vie. Negli anni del compromesso storico e delle prima Repubblica quella parte della città era il cuore della politica, lì c’erano i palazzi dei partiti più importanti. Quanto all’apertura della macchina si deveconfrontare con i documenti e le testimonianze che, mi dispiace per lei, parlano chiaro.

      • Che delusione! Speravo sinceramente che le BR avessero compreso ciò che stavano facendo ed invece non solo non hanno compreso ciò che Moro ha detto loro e non lo hanno rivelato al popolo come promesso, ma non avevano capito nulla nemmeno della situazione geopolitica del periodo. Un gruppo di persone quindi che si sono arrogate il diritto di sconvolgere un paese senza sapere assolutamente dove stessero mettendo le mani e senza nessun rispetto per i cittadini. E sono casualmente (e a questo punto ci credo davvero) andati a scegliere proprio via Caetani… Riguardo alla macchina e alla versione del ritrovamento rimani pure del tuo parere, mi spiace per te, che hai scritto inesattezze e contraddizioni.  Comunque Signorile è un teste tardivo quanto meno come la Ciccotti o la Degli Esposti, se non è corretto dar credito a lui non lo si deve fare nemmeno con le altre due e questo per una questione di correttezza che qui è davvero stata trascurata. E la aggressività che rasenta la maleducazione non serve a renderci più credibili, anzi… quindi risparmiamocela e discutiamo seriamente.

      • Signora Moretti mi spiace molto per la sua delusione. Capisco che la storia può riservare risposte che non combaciano con i propri sogni e le proprie fantasie. Per queste cose esiste il genere fantasy dove potrà sicuramente trovare maggiore appagamento e rassicurazioni.

  3. Ho dovuto annullare un commento con falso account (Aleth pimpiripim74@gmail.com). Ribadisco quanto mi è capitato di scrivere già non molto tempo fa, si interviene su questo blog mettendoci la faccia. Altrimenti potete andare a svuotare le vostre interiora altrove.

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