Il governo cede alla Lega, Pd e Idv approvano. Scompare la “messa in prova”
Paolo Persichetti
Liberazione 12 maggio 2010
Lo «svuota carceri» si è trasformato nel suo esatto opposto: il «riempi celle». Come previsto il disegno di legge sulla concessione della detenzione domiciliare per chi deve scontare l’ultimo anno di detenzione è stato totalmente capovolto. In realtà era quello che volevano un po’ tutti, non solo gli esponenti della destra di governo più forcaioli, Lega ed ex missini con in testa Ignazio La Russa, quello della Suv regalatagli da Berlusconi, insieme al “perlustratore” della Tomba di Nerone Maurizio Gasparri. Ieri mattina alla Camera, in commissione Giustizia, è resuscitata la vecchia “Unità nazionale”. Un partito trasversale delle manette, con il Pd pronto a gettare la maschera e accettare in modo servile i diktat provenienti dalla lobby dei giudici, i giustizialisti dell’Idv e la maggioranza di governo, hanno accolto – con la sola opposizione di Rita Bernardini, la deputata radicale in sciopero della fame da 28 giorni – i tre emendamenti presentati a nome del governo dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo. Il primo riguarda l’abolizione dell’automatismo previsto inizialmente. La nuova norma sarà discrezionale e premiale (cioè legata alla valutazione complessiva della personalità del detenuto), mentre restano fuori le solite categorie (mafia, prigionieri politici, delinquenti abituali, reati sessuali). E’ stata recepita così la richiesta delle magistrature di sorveglianza che rivendicavano il potere di decisione sull’applicazione caso per caso dei domiciliari. Basta arrestarsi a questa semplice, quanto determinate, modifica per poter dichiarare l’avvenuta inutilità della legge che verrà approvata nei prossimi giorni. Addirittura, si vocifera, direttamente in commissione, quando solo poche settimane fa non era stato possibile a causa della contrarietà di Pd, Idv e Lega (sempre loro). Risultato: le prigioni resteranno affollate e disperate. L’estate sarà terribile.
L’esigenza di una nuova legge che permettesse di sfoltire in parte la calca presente nelle celle, e destinata ad aggravarsi ulteriormente nei prossimi mesi, nasceva proprio dalla constatazione che i meccanismi tradizionali previsti dalla Gozzini, i cosiddetti benefici penitenziari, non funzionano più da tempo a causa della sistematica disapplicazione delle norme da parte degli uffici di sorveglianza, dove da un buon decennio a questa parte si è installata una nuova generazione di magistrati oltranzisti della pena. Le cifre parlano da sole: se nel 2005 il numero dei benefici penitenziari e delle misure alternative al carcere accordati dagli uffici di sorveglianza ammontava a 40 mila, oggi siamo precipitati ad appena 10 mila mentre in Gran Bretagna sono “soltanto” 240 mila. La colpa del sovraffollamento non è solo delle leggi che fabbricano incarcerazione, come la Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sul consumo di droghe, la ex-Cirielli sulle maggiorazioni di pena per i reati commessi da chi non porta la camicia bianca, ma è dovuto anche a chi non scarcera nonostante la presenza di tutti i presupposti di legge, ovvero al ruolo nefasto giocato dalle magistrature di sorveglianza che boicottano i benefici penitenziari, ritardando l’accesso ai permessi, alla semilibertà, alla detenzione domiciliare già esistente, all’affidamento in prova.
Gli altri emendamenti approvati prevedono: la valutazione di idoneità al domicilio, che potrà essere anche una comunità terapeutica, una casa di cura o d’accoglienza, ma non i Cie per gli extracomunitari (unica nota positiva); lo stralcio della “messa in prova” che, se il giudice l’avesse ritenuto opportuno, avrebbe consentito di evitare il carcere per i reati punibili fino a un massimo di tre anni. Contemplato anche l’adeguamento dell’organico di polizia penitenziaria. La commissione tornerà a riunirsi oggi alle 10 per i subemendamenti. La Lega conta di tornare all’assalto per introdurre ulteriori limitazioni e vanificare del tutto il provvedimento. Chissà se la Grecia è vicina?
Link
Cronache carcerarie
Carceri, la truffa dei domiciliari: usciranno in pochi