Geen Pass e la nuova working class trumpiana

L’ambiguità della posizione presa dai lavoratori del Clpt del porto di Trieste (260 aderenti su 1600 maestranze, dati del Corriere della sera) non sta nella rivendicazione dei tamponi gratuiti sul posto di lavoro, il cui costo deve essere a carico del datore di lavoro ma nella posizione di principio assunta contro il green pass che cela una aperta ostilità verso il vaccino anticovid. Sempre secondo le cronache dei giornali il 40% delle maestranze del porto non sarebbe ancora vaccinato. La sicurezza e la salute nei posti di lavoro sono sempre a carico del datore di lavoro! Il movimento operaio si è forgiato nelle lotte contro la nocività, i lavori usuranti, le condizioni di rischio nei posti di lavoro. Un intero secolo, il Novecento, è stato attraversato da scioperi, conflitti anche violenti e vertenze che hanno portato a conquiste importanti, tutele sulle condizioni lavorative, diritto alle cure, riconosciute nella legislazione e nei contratti. Pretendere dunque che il costo dei tamponi per l’accesso in un ambiente di lavoro non ricada sul dipendente ma sia a carico dell’impresa rientra perfettamente in questa linea, non vi è nulla di più e di diverso. Hanno fatto bene i portuali triestini a tenere il punto sulla questione ottenendo la gratuità dei tamponi. Hanno fatto bene anche a rivendicare in modo universale questo diritto, rifiutando una concessione ad hoc anche grazie ad una posizione strategica nel ciclo delle merci che offre loro un fortissimo potere contrattuale. Fin qui nulla da eccepire. Di diverso segno è invece la posizione presa sul green pass che lascia trasparire una legittimazione del rifiuto del vaccino. La salute nei posti di lavoro come all’interno della società in una situazione di pandemia passa attraverso il ricorso più esteso possibile alla vaccinazione. Ostacolarla incrementa il rischio di diffusione del virus. Il movimento operaio da sempre si è battuto perché la salute e dunque le cure e la prevenzione fossero un diritto accessibile, gratuito e universale. La vaccinazione è una tutela nel posto di lavoro e nella società. L’atteggiamento dei portuali del Clpt su questo punto è di segno inverso, una posizione regressiva che forse trova spiegazione nella composizione sociale del gruppo: «Nel coordinamento c’è dentro di tutto. Il collante ideologico di partenza è l’indipendentismo, con la rivendicazione dell’extraterritorialità del porto. Da qui in poi, ognuno per sé. Il presidente Grison vota a destra. Gli ultras della Triestina presenti nel sindacato rappresentano una frangia di Forza nuova. Qualcuno si professa no vax, ma nel Comitato direttivo i vaccinati sono 12 su 15. Puzzer è un fuoriuscito della Cisl. Molti iscritti sono ex della Cgil. Nella sua stanza Volk si definisce “comunista che si trova meglio con i fascisti“ e sostiene che la Clpt è una ricca maionese“ (Marco Immarisio)». Una nuova working class trumpiana è nata in Italia. Buona fortuna!

Di seguito un post di Marco Santopadre che aggiunge ulteriori informazioni: «Il Coordinamento dei Lavoratori Portuali di Trieste, che due anni fa ha rotto il patto federativo siglato nel 2015 con l’Unione Sindacale di Base, non avendo titolo per proclamare lo sciopero si è affidato alla Fisi, la Federazione italiana sindacati intercategoriali, con sede a Eboli (Salerno). Una sigla sconosciuta dietro la quale si nasconde ben poco, dal punto di vista sindacale. Tra i leader della Fisi ci sono il noto medico no vax Dario Giacomini e Pasquale Bacco, in passato candidato alle elezioni politiche con CasaPound e sindaco a Bitonto con la Fiamma Tricolore. In questi giorni il portavoce del CLPT, Stefano Puzzer, ha più volte ribadito, nelle interviste e su alcuni post facebook, di considerare la pandemia di Covid19 poco più che una influenza stagionale, ritenendo ingiustificate le draconiane misure di prevenzione e la richiesta di vaccinazione. Di cui la protesta per l’eliminazione del Green Pass come requisito indispensabile per accedere al proprio posto di lavoro».

Composizione sociale e orientamenti politici del popolo No Vax

In Italia 8 milioni di persone in età vaccinabile non hanno ancora assunto il vaccino. Tra i 4 milioni e i 5 milioni di queste sono in età lavorativa, non conosciamo con esattezza la loro incidenza nei posti di lavoro, nelle professioni e nel commercio. Quante di queste hanno problematiche mediche che impediscono il vaccino? Il dato non è quantificato. Ammettiamo che 1 milione di persone non possa vaccinarsi per ragioni mediche. Restano 4 milioni di persone ostili al vaccino. Di queste quanti sono gli esitanti e quale è lo zoccolo duro ideologicamente antivaccinista? Quale è la composizione sociale e territoriale di questo zoccolo duro? Quanti lavoratori dipendenti, quanti autonomi? Una indagine Ipsos di agosto scorso diceva che il 7% degli italiani era antivaccinista, ovvero 4,2 milioni. Il che corrisponde alla stima appena accennata. Il 24% non vuole il green pass, ovvero 14 milioni e mezzo. Dato che mostra come questa misura sia divisiva poiché con tutta evidenza coinvolge anche i vaccinati. Secondo l’Ipsos gli ostili al vaccino sarebbero concentrati in prevalenza nel Nord-Est italiano, hanno un’età compresa tra in 35 e i 49 anni, ovvero generazioni nate tra gli anni 80-90 del secolo scorso. Sono novax l’11% della popolazione con un reddito elevato, il 5% di quella con un reddito medio e l’8% di quella a basso reddito. Sul piano delle preferenze politiche, le percentuali più alte di contrari al vaccino sono tra le persone che si dichiarano elettori della Lega (14%) e di Fratelli d’Italia (10%), mentre le percentuali più alte di indecisi sono tra gli elettori di Forza Italia e dei partiti minori di centrodestra. Tra i favorevoli al vaccino prevalgono i laureati, gli elettori di centrosinistra e le persone che si informano attraverso i quotidiani. «Qui si nota una differenza chiara rispetto ai no vax e agli attendisti, che per il 30% si informano sui social, dove il confronto è anzitutto con chi la pensa come te», ha spiegato il sondagista e amministratore delegato di Ipsos Italia Nando Pagnoncelli.
A me sembra che questi dati diano una immagine chiara della composizione sociale di questo mondo e dei suoi orientamenti politico-culturali. Ritengo delle posizioni allucinate quelle che sostengono che questi settori esprimano una rabbia sociale e domande che vadano ascoltate, indirizzate, autorganizzate. Questi sono gruppi sociali dalle pulsioni autoriferite, egoiste, identitarie, animate da sottofondi negazionisti, complottisti, teppa che va contrastata, combattuta, sconfitta perché rappresenta il retroterra tipico delle svolte reazionarie, massa di manovra su cui surfano ipotesi politiche reazionarie. Oltretutto la tematica novax e no pass ha totalmente deviato l’attenzione dai punti critici che la pandemia ha messo in luce: un sistema sanitario nazionale minato dalla regionalizzazione e dalle politiche liberiste che hanno indebolito l’assistenza pubblica sul territorio a vantaggio della privatizzazione dell’offerta sanitaria; il collo di bottiglia dei brevetti privati, la situazione di monopolio raggiunta da alcune compagnie rispetto all’offerta internazionale di vaccini, il che solleva giusti interrogativi sulla scelta finale dei vaccini più adeguati e sulla stessa strategia vaccinale; la mancata vaccinazione della stragrande maggioranza della popolazione mondiale che non vi ha accesso. Sul pass vaccinale alcune osservazioni critiche hanno un fondamento corretto poiché è contraddittorio pretendere una certificazione obbligatoria di un vaccino non obbligatorio per legge. Una incoerenza che solleva critiche e opposizioni in punto di diritto, più corretto sarebbe stato imporre l’obbligo vaccinale. Resta tuttavia che l’ostilità contro il pass – salvo le situazioni non tutelate di chi non può vaccinarsi per ragioni mediche del tutto oscurate dalle modalità con cui viene affrontata questa vicenda – è animata da una polemica di sostituzione poiché serve a fare velo sul problema vero, il rifiuto del vaccino. Infine, tanto per rendere la situazione ancora più surreale, la gazzarra fascista di domenica che ha portato all’assalto della sede nazionale della Cgil sta diventando il pretesto per una nuova stretta repressiva, un giro di vite contro la libertà di manifestare che colpirà quel che resta dell’opposizione sociale che si occupa di sfruttamento nei posti di lavoro, dei migranti, delle carceri. Altro che green pass della minchia!