Caselli, Prospero Gallinari e i cattivi maestri

201301202019-800-201301191758-800-_COR9748Qualcuno dovrebbe spiegare al giudice Caselli che per i magistrati dell’Italia appena unita – soprattutto negli interessi padronali – Giuseppe Mazzini fu allo stesso tempo criminale e «cattivo maestro» e morì esule in patria sotto falso nome. I giudici della nuova Italia, infatti, d’accordo col nuovo e liberale potere politico, non annullarono l’antica condanna emessa in contumacia per la sua lotta armata contro il potere savoiardo. Il liberalissimo Silvio Spaventa, responsabile dell’«ordine costituito» nel Mezzogiorno conquistato, pensò addirittura di eseguire la condanna e non se ne fece nulla solo perché Mazzini era stato sorpreso a Napoli, ancora piena di camicie rosse, e vestiva la divisa di colonnello garibaldino. Solo per questa fortuita circostanza il repubblicano “padre della patria” si sottrasse al trionfo dell’ordine sabaudo che, di lì a poco, con la legge Pica, sperimentò sui “briganti” del Sud, leggi speciali, esecuzioni sommarie, deportazioni e carcere a vita.
Qualcuno dovrebbe spiegare a Caselli che esiste un invalicabile confine etico tra verità processuale e ricostruzione storica. Non c’è studioso serio che oggi darebbe credito ai giudici del “terrorista” Mazzini, tuttavia, ogni volta che Caselli sputa sentenze al di fuori dei tribunali non solo diventa il tragicomico storico di se stesso, ma dimostra che un giudice c’è, uno almeno, pronto a condannare di nuovo l’antico rivoluzionario. Qualcuno dovrebbe spiegare a Caselli che quando le sentenze penali sono state emesse ed eseguite e la morte giunge a dire la parola fine sulla vicenda umana del condannato, non è tempo di tribunali: è giunto – ed è sempre in ritardo – il momento della riflessione storica. Il giudice che ignora questo elementare dovere e torna a sputare sentenze commette un’intollerabile violenza, intralcia il lavoro dello storico e copre di ombre atroci il suo ruolo di magistrato.
La storia, Caselli dovrebbe saperlo, è piena di giudici smentiti e di condannati riabilitati. Sulle Idi di marzo del ’44 avanti Cristo il dibattito è aperto; non l’ha chiuso – e certo non lo chiuderà – l’aula di un tribunale. Sono duemila e più anni che storici, pensatori e intelligenze critiche si interrogano sul significato di quell’evento: Bruto e Cassio congiurarono contro il politico illuminato o colpirono l’uomo di potere, il garante di equilibri che avrebbero ucciso la repubblica? Qual è la vera violenza politica, quella d’un potere sordo ai bisogni di un popolo o quella di chi in nome della giustizia sociale sorge in armi contro la presunta legalità? Le Idi di Marzo, la sorte di Mazzini, Gaetano Bresci che uccise Umberto I, dopo la medaglia assegnata a Bava Beccaris per i cannoni sparati a mitraglia sulla popolazione inerme, Fernando De Rosa che nel 1929 tentò di uccidere il principe Umberto in nome dell’antifascismo e morì poi in Spagna combattendo per la libertà, non sono più imputati affidati ai giudici. Ai giudici, piuttosto, quei fatti e quegli uomini ricordano che spesso chi punta il dito sui cattivi maestri o è in malafede o ha bisogno di tornare a scuola.
La storia non è figlia di verità assolute, non si scrive nelle aule dei tribunali e non è mestiere da giudici. I magistrati, quando sono onesti, si limitano ad affermare le ragioni dell’«ordine costituito», che, piaccia o no, per quanto quasi sempre estranee a quelle della giustizia sociale, sono la bibbia dei magistrati. In quanto alla patologia che dalle colonne del “Fatto Quotidiano” Caselli addebita a “molti italiani”, colpevoli a suo modo di vedere di una “perdita della memoria che sconfina nell’amnesia”, il giudice sbaglia a ritenersi immune. Da buon italiano, infatti, anch’egli soffre di pericolosi vuoti di memoria. Non fosse così, la pianterebbe di tirare in ballo a casaccio i valori della resistenza partigiana e proverebbe a spiegarci chi li ha devastati da Portella della Ginestra a Piazza Fontana, da Piazza della Loggia alla stazione di Bologna. Proverebbe a spiegarci come scioglie nella sua coscienza di magistrato il nodo della contraddizione tra il “servitore dello Stato” e quel segreto sistematicamente posto sulla strada delle sue indagini. Il «segreto di Stato», naturalmente. Intriso di sangue e venato di fascismo.

Risorgimento? Ma va’ affanculo

A proposito delle celebrazioni e controcelebrazioni per il 140° anniversario della breccia di Porta Pia

di Oreste Scalzone, 20 settembre 2010

A passo di corsa va l'epica pennuta

…. Bé, immagino che il tutto fosse condito da tricolori che garriscono, ottoni lucidati che strombazzano l’Inno di Mameli. Ah, le matrioska di ambivalenze! Mazzini, tra madre giansenista e carboneria, “Dio & Popolo”, il cospirativismo antesignano della “propaganda attraverso il gesto” – che il povero Martone nel suo film gli è venuto il capogiro -, il patriottismo italounitario e l’europeismo del tipo “Giovine Italia”, “Giovine Europa”, i contatti con Bakunin e l’appello a Pio IX a mettersi alla testa del movimento per “l’unità d’Italia”, il triumvirato con Saffi e Armellini alla testa della Repubblica Romana nel ’49 e l’intervento francesde che schiaccia la stessa e rimette sul trono lo stesso Pio IX come “Papa Re”. E poi Oudinot, col ‘gap tecnologico’ a vantaggio degli “chassepots” (dal nome dell’inventore, l’ingegner omonimo….un po’ come Kalashnikov….), che porta il tricolore de La République a rinverdire la retorica da Ancient Régime e San Luigi della “Francia figlia prediletta della Chiesa”…., e al contempo si trova che i Felice Orsini & i suoi compagni (la bomba all’Opera, attentato a Luigi Bonaparte, quello del 18 Brumaio…., e la lettera che gli invia dall’ombra del patibolo per scongiurarlo di non opporsi all’unità d’Italia), e quasi tutti i cospiratori insurrezionalisti, repubblicani e/o “sociali”, dei decenni successivi sono reduci dall’aver combattuto nelle file degli insorti e poi difensori della Repubblica Romana… da Carlo Pisacane, poi definito proto-anarco-comunista, ai componenti della “Banda del Matese”, Errico Malatesta e Carlo Cafiero in primis…. ; e poi le querelles tra Mazzini e Marx, Marx e Mazzini nell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (postumamente inumata come “Prima Internazionale”, quella della Commune]…… Eh, anche allora la sensazione di carnevale della storia… roba da dare l’emicrania al povero Martone).

 

Il massacro di Pontelandolfo realizzato dai bersaglieri

Chissà che penserebbe Gaspare De Caro dello sbandierar Salvemini e cosa direbbe Jakob Taube dopo questa teologia mondanizzata dello Stato, nel drittofilo della teologia politica di Paolo di Tarso….
E chi sono i “nanni”? Come dire “i ragazzi del ’99″…., le burbe, il Milite Ignoto, l’Altare della Patria, Gioacchino Murat, l’incontro di Teano, Garibaldi fu ferito…., Bronte, i lazzaroni e i briganti, la stampella di Enrico Toti, il cuore gettato oltre i reticolati (e “Due anni sull’altipiano”/”Uomini contro”, “sparare sul [proprio] quartier generale?
Certo ch’è una bella maledizione, sempre, sempre, sempre ‘incaprettarsi’ a scegliere fra testa o croce, peste o colera…. e intanto le via Mazzini, Garibaldi, De Amicis, Roger de L’Isle, Goffredo Mameli, Cesare Battisti, persistono indenni tra il Regno sabaudo, il fascismo e il Re Imperaztore, la Costituzione repubblicana.
“….l’Italia s’è desta/dell’elmo di Scipio/s’è cinta la testa…. Alé!, retrodatiamo l’Italia a Roma capoccia, caput mundi, imperiale….tutti contro Amilcare Barca, Annibale, i Berberi, Delenda Carthago, coi vèliti e Massinissa come proto-Ascari, Harkis….., dov’è la vittoria/che porga la chioma/che schiava di Roma/Iddio la creò….” . Così in “Allon’z enfants de la Patri-i-e“, non ci si deve abbeverare al “sangue impuro dello straniero?” Quello che il Piave mormorò “Non passa?”.
Allora, per non vedere “fascismo” dappertutto, occorre guardarsi dagli anacronismi. Ma bisogna farlo sempre, non a corrente alternata…
Ma in che epoca viviamo? Con Niki Vendola che fa l’occhietto come l’onorevole Angrisani che chiudeva un comizio a Nusco: “Dopo di me parlerà ll’onorevole Sullo…… che è anche nu poco ricchio-oo-ne!”. Ecché è, tutti nel manicomio postribolare di Fagioli?
Adesso, quel risucchio di Nulla […] che è Veltroni, viene a spiegare che Marchionne e Mimmo Mignano sono “una comunità di destino”.
Malatempora, o che? O il cielo che Bifo dava come “caduto sulla terra” ha abbozzato i neuroni alla grande? New age, commistioni continue di panglossismo e di cazzimme?

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Breccia di Porta Pia tra retorica istituzionale e memoria condivisa