Estratti da Il circo e la Pantera. I mass-media sulle orme del Movimento degli studenti, Loredana Colace, Susanna Ripamonti, edizioni led 1990
Il contesto
Durante la conferenza stampa del 30 gennaio, indetta dagli studenti nei locali occupati dell’università “La Sapienza” di Roma, per rispondere alle dichiarazioni del ministro Gava, viene distribuito ai giornali un programma delle attività della facoltà occupata di Scienze politiche. Tra gli appuntamenti previsti c’è il primo di una serie di seminari-dibattito su “Vecchi e nuovi movimenti”. Il tema di questo primo incontro, slittato dal 2 al 6 febbraio, è anticipato da un comunicato degli studenti inviato alle redazioni:
«Il ciclo di incontri nasce dall’esigenza di creare un momento di riflessione per favorire una discussione plurale e multiforme sulle nuove possibilità di identità a sinistra, che non nasca come rimozione acritica e passiva della nostra storia, ma come momento di superamento positivo e ragionato. Nessuna evocazione di memoria meramente reducista né apologetica, bensì ritrovare con la storia un rapporto e una relazione che non sia di pura testimonianza».
Nel calendario allegato si forniscono informazioni sull’intero ciclo di seminari, previsti in forma itinerante tra le diverse facoltà occupate. Il primo appuntamento è dedicato al biennio ’68-69, relatori: Rina Gagliardi, giornalista del manifesto, Raul Mordenti ricercatore della “Sapienza”, Edoardo Di Giovanni della Commissione giustizia del Pci.
L’avvenimento
Tra gli studenti che affollano l’aula più grande della facolta di Scienze politiche, seguono il primo dibattito dibattito anche diversi giornalisti, tra loro ci sono due redattori di Repubblica (Riccardo Luna e Luca Villoresi], uno dell’Unità, uno del manifesto e uno dell’Ansa); «il tono che lo caratterizza – racconta Loredana Colace nel suo volumetto – è per lo più didascalico, quasi accademico, a tratti addirittura un po’ noioso. Rina Gagliardi parla a lungo dei movimenti formatisi dal ’68 e della loro cultura politica, come anche Mordenti, che si sofferma in particolare sul movimento degli studenti e sulla mancanza di una sua storia. Di Giovanni, ultimo tra i relatori, racconta le vicende delle stragi, in particolare quella di piazza Fontana. Successivamente intervengono Enzo Modugno, un ex leader del ’68, che propone alcune ipotesi sul nuovo rapporto tra lavoro intelletttuale e sviluppo tecnologico e Paolo Virno, un collaboratore del manifesto, già di Potere operaio (coinvolto nell’inchiesta 7 aprile-Metropoli e assolto dopo 5 anni di detenzione preventiva), che analizza gli anni ’80 e il riflusso dei movimenti. Sembrerebbe quasi di assistere ad uno di quei seminari a cui ogni militante o simpatizzante della sinistra ha qualche volta partecipato, e che gli studenti seguono con qualche applauso più rituale che realmente partecipato.
L’episodio
Quasi al termine, interviene tra gli altri Eugenio Ghignoni, ex brigatista, “irriducibile”, condannato all’ergastolo per concorso morale nell’omicidio del commissario Sebastiano Vinci, attualmente in libertà per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva [poi assolto nel processo d’appello. Assoluzione confermata dal verdetto finale della Cassazione]. Presente tra il pubblico insieme ad altri “ex detenuti politici”, Ghignoni interviene dopo che uno studente ha chiesto chiarimenti sui diversi metodi di lotta all’interno della nuova sinistra; parla per circa un quarto d’ora dopo aver ringraziato gli studenti per esser stato invitato a partecipare. Dichiara il proprio stato e cerca di dar conto della propria esperienza: nelle sue parole non ci sono né pentimento né apologia, c’è il rifiuto di considerare la propria vicenda frutto di “pazzia, squadrismo o dell’irruzione dell’irrazionalità nella storia”. La sua convinzione è quella, del resto più volte espressa da diversi protagonisti della lotta armata e del terrorismo e dai loro analisti, di aver “travalicato” da una pratica di violenza di massa largamente diffusa nella sinistra extraparlamentare e di essere approdati all’eversione. Per Ghignoni il problema che si pone è capire perché questo sia stato possibile, con una riflessione serena su quello che è successo. “Perciò – dice – se sapremo interrogare in questo modo la storia reale allora la memoria potrà non pesare come ricatto nei confronti dei movimenti e quella memoria servirà a dare un contributo all’arricchimento, alla comprensione di questo movimento”. Al termine applausi dei pochi rimasti, senza particolare calore come i precedenti, e una replica della Gagliardi contro la “lettura continuista” di Ghignoni.
L’informazione dei media
Repubblica del 7 febbraio titola in prima, «Nell’università occupata l’ex-brigatista fa lezione sul ’68». In pagina interna, «L’ex Br al Movimento: Grazie a voi gli anni ’80 sono proprio finiti», in occhiello, «Roma, seminario di Ghignoni condannato nel Moro-ter». L’intero articolo è riservato con toni feroci alle parole dell’ex detenuto politico.
L’Unità titola in ottava pagina, «I ragazzi del ’90 incontrano il ’68» e riporta solo un passo dell’intervento dell’ex brigatista, «Ripensati solo per essere cancellati, bollati dell’infamia di essere stati la culla del terrorismo e di esserlo inevitabilmente, i movimenti sono destinati al silenzio? Un rischio già corso e verificato».
il manifesto in cultura apre in questo modo, «Un seminario sulla storia dei movimenti nell’Università occupata di Roma. All’intervento di Ghignoni vengono riservate solo 4 righe».
Il giorno successivo sempre Repubblica su 5 colonne rincara la dose, «Torna l’ombra del terrorismo», per il Giornale, «C’era odore di sangue alla lezione di Ghignoni», «Scandalo per i Br in cattedra». Il Messaggero, «La lezione del Br all’università: allarme e sdegno. Su invito del movimento ha parlato a Roma di ’68 e di terrorismo», «Conferenza infame», altro titolo. Per il Corriere della sera, «E’ troppo, un ex terrorista oratore nell’ateneo occupato», «La Pantera nella trappola del terrorismo», «La notte della Repubblica», «Pantera si, Br no»….
La risposta degli occupanti
“La memoria non è una colpa”
In un lungo documento del 9 febbraio (La memoria non è una colpa), gli studenti di Scienze politiche cercano di mettere la parola fine alle polemiche, all’impostazione parziale e faziosa del dibattito. Ne riportiamo a conclusione alcuni brani:
E’ a partire da questo semplice assunto [il riferimento è al titolo] che abbiamo deciso di avviare un ciclo di seminari autogestiti sui “vecchi e nuovi movimenti” per indagare le relazioni, se mai esistono, tra la Pantera e gli eventi degli anni ’60-70 e ’80 […]. Tutto ha inizio […] dalle dichiarazioni di Gava […], non bastava la solita smentita alle accuse preordinate che ad ogni segno di conflitto e dissenso vengono lanciate con volgare aggressività. La nostra voleva essere una “sfida culturale” […] alta, un grosso segno di maturità da parte di un movimento giovane che da solo con i propri strumenti vuole conoscere la storia delle generazioni che lo hanno preceduto. Pensiamo che conoscere ed indagare non sia un reato […]. Volevamo conoscere il passato ascoltando la voce diretta dei protagonisti, attraverso una ricostruzione plurale […] visto che tra gli obiettivi della nostra lotta rivendichiamo una cultura critica […]. Si è per anni sospesa la storia, rimossa la memoria ed oggi viene criminalizzata la possibilità di dialogo […] bisogna riconoscere che il vero problema risiede nella compressione degli spazi di libertà e democrazia sostanziale.
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Pantera, il movimento che cercò uno spazio tra cesura e cerniera con gli anni 70