G8, massacro alla Diaz. Per i giudici d’appello il blitz fu ordinato da De Gennaro

Depositate le motivazioni della sentenza d’Appello

1 agosto 2010 Avevano l’obbligo d’impedire le violenze e non lo hanno fatto. Gli alti funzionari della polizia presenti durante l’irruzione e il sangiunoso pestaggio nella scuola Diaz di Genova durante il G8 sono stati condannati dalla Corte d’Appello in base all’articolo 40 del codice penale. La norma appare estremamente chiara in proposito, “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza di secondo grado per le violenze alla Diaz nel 2001. 310 pagine depositate con largo anticipo sui tempi previsti dalla Corte d’Appello di Genova. I giudici spiegano che Gratteri, Canterini e Luperi, inviati a Genova dal capo della polizia Gianni De Gennaro, erano i più alti funzionari presenti al momento dell’irruzione, quindi responsabili gerarchicamente dell’operato dei loro sottoposti. Hanno visto quello che accadeva e, poiché la loro superiore posizione gerarchica lo consentiva, avrebbero potuto impedire le violenze. Ma non lo fecero. Secondo la norma, una omissione che cagioni un evento che non si sarebbe dovuto verificare equivale a cagionare l’evento stesso, quando l’agente che per funzione ha l’obbligo giuridico d’impedirlo non interviene per farlo. Per questa ragione il 18 maggio scorso, ribaltando la sentenza di primo grado, vennero condannati ben 25 poliziotti, tra cui l’intero vertice della polizia di Stato. 4 anni di reclusione per l’allora capo dell’anticrimine Francesco Gratteri, oggi responsabile della polizia di prevenzione (ex Ucigos), 5 anni per l’ex comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini, “riparato” in Romania con l’Interpol, 4 anni a Gianni Luperi attuale dirigente dell’intelligence interna, 3 anni e 8 mesi per Spartaco Mortola, vice del questore di Torino. “Preso atto del fallimentare esito della perquisizione – si legge nelle motivazioni – si sono attivamente adoperati per nascondere la vergognosa condotta dei poliziotti violenti concorrendo a predisporre una serie di false rappresentazioni della realtà a costo di arrestare e accusare ingiustamente i presenti nella scuola”, come avvenne con le famose bottiglie molotov. Mentre in primo grado fu ritenuto unico responsabile Pietro Troiani, l’Appello ha stabilito che i filmati dell’episodio sono inequivocabili poiché indicano un conciliabolo tra alti dirigenti della polizia nel cortile con le bottiglie in mano. Dalle motivazioni si evince come il blitz, sia nato da un’esplicita richiesta del capo della polizia di riscattare l’immagine del corpo. Ora tocca alla Cassazione pronunciarsi e finché non vi è sentenza passata in giudicato l’imputato deve considerarsi innocente. Ma a quanto pare esistono degli innocenti più innocenti degli altri. Per i vertici della polizia non si pone alcun problema di opportunità dopo la condanna con la funzione esercitata. Restano tutti al loro posto. In fondo non hanno tutti i torti. Il lavoro sporco venne fatto per conto del governo e vicepresidente del consiglio era un certo Giafranco Fini, che nei giorni delle violenze si era acquartierato nella centrale operativa della caserma dei carabinieri di san Giuliano.

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