Paolo Persichetti
Nel 1978 non c’era nessun cantiere della Loyola university sul sito delle suore domenicane di santa Caterina da Siena in via dei Massimi 114a. La notizia, diffusa dal giornalista di Rai News Federico Zatti in una doppia inchiesta televisiva (qui e qui), è falsa. Secondo Zatti, sponsorizzato da Bruno Vespa in due successive puntate di Porta a Porta, nell’edificio – a suo dire ancora in costruzione nel marzo 1978 – si sarebbero trovati i locali della prima prigione di Aldo Moro (forse l’unica, Zatti resta incerto sul punto), dove questi sarebbe stato condotto nei momenti immediatamente successivi al suo rapimento da parte delle Brigate rosse, il 16 marzo 1978. La struttura avrebbe aperto i battenti nell’ottobre successivo per ospitare i corsi della filiale romana dell’università dei gesuiti, fondata a Chicago nel 1870. Filiale romana che ha poi preso il nome di John Felice Rome center. Nella sua psichedelica ricostruzione Zatti ha sostenuto che alcune strutture della Loyola university e del vicino convento delle suore domenicane, oggi ubicati in due diversi civici, il 114a e il 114b, collimerebbero con una piantina, attribuita a Valerio Morucci, ritrovata nell’aprile 1978 all’interno della base brigatista di via Gradoli a Roma, dove Morucci viveva con Adriana Faranda prima di lasciarla a Barbara Balzerani e Mario Moretti, dopo un imprevisto (furto dell’auto di Moretti) che nell’aprile 1977 aveva spinto i due ad abbandonare precipitosamente l’appartamento di via Vittorio Poggi, nella zona del Casaletto.
Cubismo in via Gradoli
La tesi di Zatti è apparsa subito singolare poiché sovrapponendo i disegni dei brigatisti con l’area della Loyola university e quella del convento delle suore domenicane (due strutture architettoniche separate) non si riscontra alcuna corrispondenza. Per sopperire a questo inconveniente e puntellare la propria tesi, Zatti ha sostenuto che i brigatisti, come in un quadro cubista, avessero scomposto l’immagine dei vari edifici in costruzione della università per confondere le forze di polizia che avessero trovato la piantina. Anche il termine «prigioni», che vi era presente, a suo avviso, serviva a depistare….
In realtà gli schizzi ritrovati in via Gradoli combaciano perfettamente con la pianta del carcere di Marino del Tronto, di cui i brigatisti avevano esplorato lo scheletro in cemento armato, progettando di minarlo con delle cariche esplosive. L’inchiesta di Gianremo Armeni che abbiamo precedentemente pubblicato su questo blog (la potete leggere qui) ha spiegato in ogni minimo dettaglio come Zatti avesse lavorato solo su due immagini, quelle rese pubbliche dalla commissione Moro uno, senza conoscere l’integrità del reperto 777, presente presso l’archivio della corte d’appello di Rebibbia, che conteneva altri schizzi e soprattutto alcune paginette manoscritte nelle quali si descrivevano minuziosamente calcoli e quantità di esplosivo necessario e la collocazione delle cariche per minare l’intero edificio carcerario. Struttura riconosciuta durante le indagini dalla stessa Direzione nazionale degli Istituti di prevenzione pena come appartenente al carcere di massima sicurezza di Marino del Tronto (Ascoli Piceno).





Gli edifici dove nel 1978 aprì la Loyola university esistevano già nel 1970
Grazie al contributo fornitoci dalla professoressa Francesca Romana Stabile della facoltà di Architettura dell’Università di Roma tre, siamo in grado di dimostrare che gli edifici dove la Loyola university è subentrata nel 1978 erano esistenti nella loro forma attuale già nel 1970, fatta eccezione per la piccola ala costruita nel 2019, come dimostra la foto aerea di F. Ascenzi, ripresa appunto nel 1970, presente nel volume Roma dall’alto, curato da Filomena Boemi e Carlo M. Travaglini, Catalogo della mostra, Casa dell’Architettura, Acquario Romano, 2006.


Una cartografia del 1960 (Frutaz, A.P., Le piante di Roma, Roma 1962) ci mostra l’esistenza della Casa del noviziato delle suore domenicane di santa Caterina da Siena, sito nell’attuale civico 114b di via dei Massimi. Come possiamo constatare non è ancora indicata la seconda struttura con la cupola e l’edificio a freccia nel quale si insediò nel 1978 la Loyola university. Struttura che venne realizzata dopo il 1960 e prima del 1970 perché in questa data era perfettamente terminata come prova il rilievo aereo che abbiamo mostrato.
Immagine cartografia 1960

Questa immagine prova dunque che il chiostro del convento con le sei colonne indicato da Zatti nel secondo servizio di Rai news e di Porta a Porta non poteva esser in costruzione nel 1978, visto che preesisteva. Con tutta evidenza si tratta di un’area del carcere di Marino del Tronto dove era situato il passeggio dell’isolamento e dove davano le finestre della matricola e il corridoio dell’isolamento stesso. Luoghi di cui conservo una personale memoria avendovi trascorso oltre 4 mesi della mia esistenza carceraria tra il settembre 2002 e il gennaio 2003.
La collocazione del chiostro nell’opera cubista di Zatti

Altri esempi di cubismo, la collocazione della rotonda


La collocazione dell’edificio a freccia


Fratadocchi, una dinastia di architetti ecclesiastici
Il convento delle suore domenicane venne realizzato da Giuseppe Breccia Fratadocchi (già collaboratore di Piacentini) nel 1933, «si puó annoverare tra le opere della maturità del periodo anteguerra. L’edificio è innovativo nella tipologia delle case per comunità religiose: si distingue per la corretta volumetria e per la studiata funzionalità espressa nei corpi di fabbrica accostati a due lati del chiostro aperto verso la natura del parco circostante», come scrive il secondo figlio Tommaso (leggi qui). Giuseppe Breccia Fratadocchi è noto per aver ricostruito l’abbazia di Montecassino distrutta dai bombardamenti alleati durante il secondo conflitto mondiale e per aver realizzato numerose chiese e opere religiose.
L’opera di Giuseppe venne proseguita dal primogenito Ignazio che terminò la ricostruzione dell’abbazia. Una bio redatta per la sua scomparsa lo definisce tra le «personalità più rappresentative della commissione tecnica per le nuove chiese del Vicariato di Roma», altri siti di architettura lo descrivono come il progettista della seconda struttura (quella con la cupola e l’edifico a freccia per intenderci), oggi sita al civico 114a di via dei Massimi e nel quale vivevano la suore domenicane poi preso dalla Loyola university.
1978, la struttura viene affittata dalla Loyola University
Nella primavera del 1978 la struttura venne affittata alla Loyola university che vi trasferì la propria sede. La struttura è così descritta nella timeline ufficiale della università gesuita: «Il Centro di Roma [della Loyola university ndr] si trasferisce nella sua sede attuale, un ampio campus residenziale in Via Massimi, in cima a Monte Mario. L’ex convento ristrutturato è un grande edificio a forma di U che ospita aule, dormitori per studenti, uffici amministrativi, una mensa, un bar e altro ancora». La struttura che aprì le proprie porte nell’ottobre successivo fu dunque solo adeguata alle esigenze di un campus universitario, cosa ben diversa dall’edificazione ex novo di una complessa opera architettonica come le fondamenta e l’armatura in cemento armato. Solo nel 2009 il campus diventa proprietà della Loyola dando inizio a un programma di ristrutturazione degli edifici esistenti e successivo ampliamento della sede, prevedendo la costruzione di un nuovo edificio per la residenza degli universitari, una cappella e una hall di ingresso, oltre al ridisegno degli spazi esterni. Iter conclusosi nel 2019 sotto la direzione dell’architetto Ignazio Lo Manto.
Ricapitolando, il convento delle suore domenicane con il chiostro porticato fu edificato nel 1933, la seconda struttura (quella con l’edificio circolare e l’altro a punta di freccia) tra il 1960 e 70. Nel 1978 venne soltanto affittato dalla Loyola university che lo acquistò nel 2009 per realizzare modifiche e una nuova ala nel 2019. La fervente fantasia di Federico Zatti ha inventato tutto. Le due inchieste da lui condotte tuttavia conservano ancora una utilità: mostrano in maniera esemplare come si costruisce un fake.