PG Battista: «Come regalare un eroe agli avversari. Gli errori della destra nel caso Saviano»

 

Pierluigi Battista c’arriva un po’ in ritardo, ma c’arriva. Quanto scrive ricalca cose dette diverso tempo fa da Pietrangelo Buttafuoco: la destra è stupida perché non capisce che Saviano è uno dei suoi e lo spinge nelle braccia della sinistra, convinta che l’autore di Gomorra sia la punta più avanzata del suo schieramento. A dire il vero in questa storia non si capisce bene chi sia il più stupido: se la destra o la sinistra. Di Pietro, Travaglio, ora Saviano, nell’immaginario della sinistra s’aggirano personaggi che nulla hanno a che vedere con le matrici culturali ed anche i più elementari punti di riferimento di una vaga sinistra. Il malinteso di fondo, ciò che sconbussola tutti i punti cardinali è in realtà la figura di Berlusconi, il berlusconismo. Non è vero che la destra sia tutta ostile a Saviano. Lo è la destra berlusconiana, la destra aziendale, quella più cortigiana e servile con il padrone di Mediaset. Il resto della destra che oggi guarda a Fini vede in Saviano un simbolo forte, un testimonial efficace del proprio discorso. Non parliamo poi degli apparati statuali.
E la sinistra? E’ vittima di un antiberlusconismo che fa velo su tutto. Un vero paraocchi assolutamente speculare al suo contrario. Il sintomo della scomparsa di ogni autonomia critica e progettuale. Senza più bussola, Belusconi è diventato la stella polare. Andargli contro, senza vedere altro e ingoiando di tutto, è rimasta l’unica via per pensare di arrivare a sopravvivere. E così va bene qualsiasi cosa si incontri lungo questa rotta: populisti di ogni risma, la confindustria, i banchieri, l’elenco è lungo come le sconfitte. Finito Berlusconi cosa rimarrà? Parafrasando il titolo di un film dei fratelli Vanzina (cantori un tempo del primo Berlusconismo rampante), potremmo rispondere: Sotto l’antiberlusconismo niente

Pierluigi Battista
Corriere della sera 23 ottobre 2010

Davvero formidabile, la capacità della destra italiana di moltiplicare i suoi nemici. E che straordinario impulso masochista nel regalare alla sinistra Roberto Saviano, che di sinistra pure non è. Che capacità di frustrare ogni simpatia, di scoraggiare ogni contatto anche in chi, come Saviano, non è necessariamente animato da un’ostilità preconcetta nei confronti di questa maggioranza. Eppure si dovrebbe sapere, oramai, che il mussoliniano «molti nemici, molto onore» è solo una manifestazione di puerile strafottenza. La destra forse non sa che Saviano si è pubblicamente congratulato con il ministro Maroni per le brillanti operazioni di polizia che hanno cominciato a smantellare la cupola camorrista di «Gomorra»: e in cambio ha ricevuto molti e risentiti rimbrotti della sinistra. La destra forse non sa che per aver inviato un video di solidarietà a una manifestazione pro-Israele, Saviano è stato fatto oggetto dei peggiori insulti sui siti e sui blog «anti-imperialisti» che lo hanno bollato nientemeno che come un mercenario «al soldo dei sionisti». La destra forse non sa che dopo un appassionato intervento in tv, Saviano è riuscito a convincere molti lettori ad acquistare I racconti della Kolyma di Varlam Salamov, uno dei più sconvolgenti capi d’accusa contro il Gulag e le «atrocità del comunismo» (parole di Saviano) su cui «è calato il silenzio da troppo tempo» (sempre parole di Saviano). La destra forse non sa che per aver dichiarato in un’intervista di apprezzare gli scritti di Ezra Pound, alcuni intellettuali di sinistra hanno dichiarato il loro ostracismo nei confronti di Saviano. La destra forse non sa che i peggiori attacchi a Saviano, negli ultimi mesi, sono venuti da sinistra, dai libri editi dal manifesto, dagli scrittori che non sopportano che un loro collega vada troppo in televisione, perché andare troppo in televisione fa troppo «berlusconiano». Oggi Saviano, nella stampa della destra, è diventato il simbolo dell’intellettuale del «regime culturale» della sinistra. Un avversario così spregevole da pretendere addirittura di essere pagato per una trasmissione televisiva (ma come, non si era detto che il mercato non doveva essere demonizzato?). Ed è tale la diffidenza, il sospetto, l’ostilità, l’antipatia nei confronti di Saviano che si è dovuta allestire una trincea di «scalette» televisive per arginarlo, neutralizzarlo, metterlo nelle condizioni di non nuocere, di non dire cose troppo compromettenti. Il risultato è, per il momento, catastrofico. L’impressione generale oramai è che la destra abbia paura di Roberto Saviano, di quello che può dire, delle simpatie che può attirare tra gli avversari del governo. La seconda impressione è che la destra viva ormai prigioniera di una sindrome dell’assedio che scorge dappertutto i segnali occulti di complotti, cospirazioni, manovre contro il governo. E se chi è sospettato non fa parte a pieno titolo della schiera dei detrattori più feroci, ci pensa la destra a scavare il fossato che lo porta dall’ altra parte, a rinfoltire l’esercito degli avversari. Ecco così il nuovo caso. Non solo il caso Santoro. Non solo il caso Travaglio. Non solo il caso Gabanelli. Non solo il caso Floris. Ma adesso il caso Saviano. Un altro nuovo iscritto alla tribù delle vittime del bavaglio, vero o immaginario. Anche se il nuovo iscritto non è della tribù della sinistra: l’importante è farlo diventare, con uno spirito autodistruttivo davvero incomprensibile nello schieramento che vince un’elezione dopo l’altra e perciò dovrebbe mostrare la forza della tranquillità e non il terrore di chi è rinchiuso in una fortezza. Certo, Saviano firma gli appelli contro il governo. Certo, non fa niente per non lasciarsi arruolare nella sinistra firmaiola che vuole fare dell’autore di Gomorra un’icona, un santino, un paladino del Bene in lotta perenne contro il Male (berlusconiano). Ma da destra mai un gioco di sponda, un riconoscimento, una parola di solidarietà per chi, comunque, è costretto a vivere una vita blindata a causa delle minacce camorriste. Come se l’unico gioco che la destra è in grado di condurre è quello del vittimismo, del regalare alla sinistra anche ciò che alla sinistra non appartiene di diritto. Un vittimismo di maggioranza, un vittimismo dei vincitori: ecco l’unicum italiano. E nel vittimismo, ogni sfumatura viene schiacciata. Ogni interlocuzione con chi è diverso ma non nemico viene sommersa dall’urlo della curva che vede comunisti dappertutto, che percepisce la Rai come un fortino della sinistra e una trasmissione con Saviano come un assalto illegittimo al governo. «Molti nemici, molto onore»: e si sa come andò a finire.

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Buttafuoco, “Saviano agita valori e codici di destra, non regaliamo alla sinistra”

Buttafuoco, “Saviano agita valori e codici di destra. Non regaliamolo alla sinistra”

Icona perfetta dell’immaginario superomista, Saviano agita valori e codici di destra. “E’ roba nostra, non regaliamolo alla sinistra, è un patriota, un cazzuto, uno che sa tenere una pistola in pugno, uno che sa sbrigarsela al modo dell’uomo vero”, spiega Pietrangelo Buttafuoco dopo che una lunga intervista apparsa su Panorama ha messo in luce risvolti ancora poco noti del nuovo portavoce dei professionisti dell’antimafia

Pietrangelo Buttafuoco
Libero 12 maggio 2010

Quando la scorta armata diventa una stampella per le idee, il pensiero muore

Quello del regalare gli eroi agli altri è lo sport preferito della destra. Altrimenti non si capirebbe tutta questa fretta di buttare Roberto Saviano in quell’album lì, tra le figurine del pensiero dominante della sinistra, magari in compagnia di Daniele Luttazzi, cacca compresa. Passa sempre in automatico un’idea. E cioè che la lotta alla criminalità sia un tratto distintivo dell’essere di sinistra. Un riflesso condizionato sottaciuto e mai dichiarato convince tutti – quelli di destra, tra i primi – che, insomma, l’impegno contro la mafia sia una cosa da comunisti. Ancora peggio: una cosa da magistrati comunisti. Tutto questo nel frattempo che mai, mai una volta, qualcuno abbia detto che perfino i due più potenti tra gli eroi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non corrispondevano al clichè cui ci siamo abituati per quieta obbedienza al pensiero dominante. Si potrà o no dire una volta per tutte che Falcone, appunto Falcone, da vivo era un socialista quando socialista significava Claudio Martelli, Bettino Craxi, Hammamet compresa? Si potrà o no dire e spiegare bene che Borsellino, appunto Borsellino, da vivo era un missino e che lo slogan “meglio vivere un giorno da Borsellino che cento da Ciancimino” è mutuato da un motto stupendamente fascista? Falcone e Borsellino morti hanno dovuto subire l’aggiustamento delle loro biografie ed è quasi da querela – si rischia la querela, oggi – ricordare come al funerale di Beppe Alfano, giornalista, ammazzato dalla mafia, c’era solo la fiamma tricolore. Quello dell’andare a fare la guerra alla mafia era l’istinto primo di ogni militante della destra, Angelo Nicosia, un valoroso deputato – e Giampaolo Pansa se lo ricorderà – all’alba della nascente Repubblica si prese le prime coltellate quando cominciò a stanarli i mafiosi tra i rimasugli ereditati dall’amministrazione d’occupazione anglo-americana. Ancora ieri, con odio sbruffone, nella sua Castelvetrano, il Matteo Messina Denaro, che è ancora oggi latitante tra i latitanti, durante le campagne elettorali faceva sapere ai suoi: “Per i fascisti mai”. Brucia ancora il ricordo di Cesare Mori, il prefetto di ferro voluto da Benito Mussolini che fece fuoco e fiamme sulla viva carne della mafia, mas-sa-cran-do-la. Nel nome di Mori tanti scelsero magistratura, polizia, militanza politica, certo anche Saviano – nel nome di Mori – riconosce quella vena che a Destra faceva scegliere sempre e comunque lo Stato e non l’Anti-Stato, lo ha scritto tante volte ma, si sa, è più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che a destra qualcuno si fermi a leggere, siamo fatti così noi di destra, ci nutriamo solo di comizi scritti. E mai una volta che si scriva un comizio che corrisponda alla verità delle cose perché – chissà – passa sempre questa idea che andare contro la Mafia è un vantaggio dato ai comunisti.
E così, di seguito, per li rami: ognuno che faccia il proprio dovere diventa, in automatico, uno di sinistra. Così vale per chi paga le tasse, per chi denuncia il pizzo, per chi sceglie le guardie e dice basta ai ladri. La stupidità congenita della destra, specie se dotata di microfono e di taccuino, è svelata in questo tic: regalare la battaglia di civiltà alla sinistra. La condanna della destra è tutta descritta in una scena: prendere le corna da terra – quelle degli evasori fiscali, quelle dei magnaccia, quelle degli assassini e quelle degli indifferenti – e mettersele in testa. E tutto questo mentre questo governo, con Roberto Maroni al Viminale, con decisioni sottoscritte da Silvio Berlusconi in persona, sta facendo piazza pulita della criminalità. Tutto questo mentre il mondo intero, con Gomorra sotto il braccio, trova in Roberto Saviano un esempio d’italiano mai visto fino ad oggi. Un italiano che non è, per come lo accusano da destra, un comunista con la barba di tre giorni ma, sempre che il termine non ci esponga alla querela, un patriota. Lui lo ha già scritto, lo ha già detto e lo ha già raccontato molte volte. Non c’è un angolo della vita di questo giovane scrittore che non sia stato svelato, anche al netto delle invidie e degli insulti. Furbizia compresa.
E’ solo uno cazzuto, uno che sa tenere una pistola in pugno, uno che sa sbrigarsela al modo dell’uomo vero, uno che è agli antipodi del fighetta, uno che non c’entra niente con tutti quelli che lo venerano, neppure con RaiTre che gli offre la tribuna, ma ancora meno c’entra con tutti quelli che vogliono togliere a lui e al suo libro i riflettori. Non c’entra con tutte le contumelie che gli lanciano addosso i suoi detrattori. Non assomiglia alle accuse che gli rivolgono, in una sola parola: tutto è tranne che un comunista. Tutto eccetto che un conformista, tutto fuorché un venerando somaro del pensiero dominante, sempre che si abbia la pazienza di leggerselo il suo pensiero, anche perché si rischia di perdersi ciò che può apparire balsamo alle meningi: come quando denuncia gli anni del saccheggio del centro-sinistra.
Ha solo la barba di tre giorni e poi – è vero – s’è nutrito alla fonte della grande letteratura maledetta: da Ezra Pound a Louis Ferdinand Celine. Però va avanti, è generoso, cerca negli altri quello che lui stesso ha assaporato: la libertà di pensarla sempre fuori da ogni schema. Può non piacere ma è un eroe. Avrebbe perfino pietas di Sandokan, il suo nemico, così come ebbe una sovrana ironia al processo, guardando in faccia tutta la feccia. Basta vederlo nell’interezza della sua fisicità. Si muove come in scena, mette in scena la romantica sovrapposizione dell’arte su tutto. E’ solo uno che sfida anche la sua stessa storia pur di fare l’unica rivoluzione necessaria: liberare il Sud dalla Mafia perché la Mafia c’è. E non è di destra. A meno che non si voglia farsela regalare. Giusto per fare a cambio con gli eroi.

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