«Accogliamo con favore – scrive in un documento la giunta delle Camere penali italiane – l’iniziativa del senatore Marcenaro, presidente della Commissione per i Diritti Umani del Parlamento, volta alla introduzione anche in Italia dello specifico reato di tortura. L’Italia, infatti, da molti anni ha sottoscritto la convenzione internazionale contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti. E’ arrivato il momento di darvi attuazione».
Meglio tardi che mai! Per la funzione oggettiva che l’avvocatura svolge, questa presa di posizione, anche se tardiva, è comunque positiva. Certo ne registraimo i limiti racchiusi in un’ottica strettamente penalistica e reatocentrica che evita in tutti modi di affrontare i nodi e le responsabilità politiche della vicenda che per esempio, restando nell’ottica entro la quale operano le Camere penali, poteva essere quella di chiedere l’instaurazione di una commissione parlamentare d’inchiesta, visto che sul piano giudiziario l’accertamento dei fatti, seppur molto gravi, è inficiato dalla prescrizione dei reati.
Ricordiamo che il professor De Tormentis, citato nel testo delle camere penali, ovvero l’ex questore e dirigente dell’Ucigos Nicola Ciocia, nel 1984 all’atto delle sue dimissioni dalla Polizia di Stato entrò a far parte dell’avvocatura, iscritto presso l’albo degli avvocati di Napoli, con studio legale in via Via Giacinto Gigante 7, partecipando (linkate qui se volete ascoltare la sua voce) come legale di un funzionario di polizia, tra l’86-87, ai processi contro la colonna napoletana delle Br, che non molto tempo prima aveva lui stesso smantellato senza risparmio di metodi “speciali”.
Una singolare commistione di ruoli tra funzione investigativa, emanazione del potere esecutivo, e funzioni di tutela all’interno di un iter che appartiene al giudiziario, che solo in uno stato di eccezione giudiziario, come quello italiano, si è arrivati a consentire.
Nel documento della giunta delle Camere penali manca qualsiasi accenno a questa circostanza, all’esigenza di una maggiore attenzione e pulizia interna della professione.
Soltanto dopo una lettera dell’avvocato Davide Steccanella del dicembre scorso, diretta all’Ordine degli avvocati di Napoli e nella quale si chiedevano chiarimenti si è registrata, nella più totale discrezione, la scomparsa dai registri dell’ordine del nome di Nicola Ciocia.
Il quale probabilmente al fine di evitare sanzioni ha preferito ritirarsi nell’ombra con i suoi indicibili segreti.
Di seguito il testo celle camere penali. Fonte: http://www.camerepenali.it/NewsDetail.aspx?idNews=12951
INTRODURRE IL REATO DI TORTURA PER RIPRISTINARE LA LEGALITA’
Arriva a proposito la iniziativa del senatore Marcenaro, presidente della Commissione per i Diritti Umani del Parlamento, volta alla introduzione anche in Italia dello specifico reato di tortura. L’Italia, infatti, da molti anni ha sottoscritto la convenzione internazionale contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti senza che, poi, i Governi e Parlamenti, di legislatura in legislatura, abbiano mai inteso introdurre il nuovo reato che darebbe concreta attuazione anche nel nostro Paese al trattato.
Nel frattempo, ed in particolare negli ultimi tempi, continuano ad emergere notizie sul fatto che trattamenti disumani e vere e proprie torture non sono affatto estranei al contesto italiano.
E’ il caso, ad esempio, della pratica del water boarding, che tanto scandalo ha giustamente provocato quando è stata riportata al trattamento subito da prigionieri in Irak o in Afganistan ma che è stata ignorata a proposito dei terroristi arrestati negli anni ‘70/80 in Italia, così come ricostruita da un libro pubblicato di recente e ripreso da organi di stampa nazionali. Una notizia precisa e particolareggiata sul fatto che, a quei tempi, operava nel nostro Paese una squadra speciale del Ministero degli Interni, capeggiata da un funzionario cui era perfino stato attribuito il nomignolo di “De Tormentis”, che si spostava alla bisogna nei vari carceri e sottoponeva i detenuti per terrorismo a sevizie di tutti i generi al fine di ottenere informazioni. Un fatto grave, che pur appartenendo al passato, coinvolge la responsabilità dello Stato sul quale nessuna riflessione si è aperta.
Così come nessuna riflessione della politica ha comportato la notizia, comparsa sulla stampa, della vicenda che ha coinvolto un condannato, costretto, a suo tempo, da militari dell’arma dei carabinieri che indagavano sull’uccisione di alcuni loro colleghi, ad accusare se stesso ed altri due giovani dopo inenarrabili sevizie. Anche questa notizia, resa nota dopo l’annullamento – a seguito della revisione – del processo che aveva portato l’uomo ad espiare ingiustamente 22 anni di reclusione, è scivolata dalle pagine della cronaca senza che il sistema politico ne traesse spunto per rilanciare il dibattito sulla tortura.
Recentemente ad Asti il Tribunale ha dichiarato la prescrizione dei fatti che avevano coinvolto una squadra della Polizia Penitenziaria che metodicamente picchiava i detenuti. Ugualmente, sono andati prescritti i fatti accaduti a Genova, nel 2001, in occasione del G8 alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. Gli stessi fatti, narrati con impressionante crudezza in un film che viene proiettato proprio in questi giorni nelle sale italiane, provocano discussioni sulle pagine culturali dei giornali ma, attualmente, nessuna in sede politica. Prescrizioni che non ci sarebbero state se per quegli stessi fatti si fosse potuto contestare il reato di tortura. E sì che in tema di prescrizione i partiti sono sempre assai interessati, a volte persino queruli.
E’ di ieri l’altro la notizia e la foto di due tunisini rimpatriati in aereo in condizioni non umane e profondamente degradanti. E questi sono solo esempi, visto che molti altri casi, come quelli Cucchi e Uva, o le passate spedizioni punitive all’interno delle carceri, in Sardegna e altrove, e ancora quelli noti e meno noti che tutti i giorni dimostrano che anche nel nostro Paese esiste questo problema.
Ed allora, questo Governo, che si propone come “tecnico” e quindi distaccato dagli accadimenti degli anni passati, e per di più vanta continuamente la necessità di adeguare il Paese alle richieste e agli standard internazionali, deve far propria l’iniziativa del Sen. Marcenaro e deve chiedere una corsia preferenziale all’approvazione dello specifico reato di tortura e trattamenti disumani e degradanti, adempiendo così agli impegni internazionali già sottoscritti.
La legalità non è un concetto divisibile: o riguarda tutti, o nessuno e il corpo di coloro che sono nelle mani dello Stato è inviolabile.
Roma, 20 aprile 2012
La Giunta
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