A Roma si moltiplicano i posti di ritrovo in cui si diffondono idee xenofobe e razziste. Fascisti, in parte svincolati dai gruppi d’estrema destra organizzati, non interessati a un progetto politico ma alla caccia al «diverso». Per difendere il territorio e l’ordine. La loro palestra, le curve
Manifesto 7 setembre 2008
di Giacomo Russo Spena
La scritta «Dux mea lux» svetta sul muro. Nero su bianco. A fianco una serie di celtiche. Davanti decine e decine di ragazzi dai venti ai trent’anni che lì trascorrono intere giornate. Seduti sui motorini e nelle macchine che pompano musica da discoteca. Quello è il loro posto. La base per presidiare il territorio, il quartiere Boccea (zona ovest di Roma) in questo caso, e difenderlo dagli «estranei»: migranti, rom, gay e «zecche» che siano. Indossano tutti maglietta Fred Perry o polo nera, jeans di marca, occhiali scuri, scarpe da ginnastica possibilmente bianche e cappellino scozzese (a scacchi). «Camerata» si dicono mentre fanno il «saluto del gladiatore»: la mano destra che va ad afferrare l’avambraccio destro dell’altro. Eppure tessere di partiti d’estrema destra in tasca non ne hanno. E si dichiarano fascisti. Di «comitive nere» come quella di Boccea, Roma è piena. Muretti, pub o semplici bar diventati luoghi d’incontro, e fabbriche di pensieri e atteggiamenti razzisti, in cui si cospira contro il diverso. I quartieri popolari ne sono pieni: Torbellamonaca, Trullo, Torre Angela, Prenestino, Torrevecchia. Ragazzi, cresciuti nel disagio sociale, che fomentati dall’industria della paura inscenata dalla destra, fanno propria la guerra tra poveri. Il nemico da combattere è soprattutto l’extracomunitario. Lo «zingaro» non è considerato nemmeno una persona. Ma si va oltre alla questione di classe. Ritrovi xenofobi ci sono anche in zone più agiate come piazza Vescovio, Torrevecchia, Ponte Milvio, Corso Francia. E altre. Una gioventù con idee fascistoidi, a cavallo con la microcriminalità, che gravita nei circuiti dell’estrema destra capitolina. Non però le sezioni partitiche. Sono «cani sciolti» non inquadrati in maniera rigida. I più politicizzati al massimo frequentano gli appuntamenti importanti dei partiti. I luoghi più attrattivi restano comunque le iniziative musicali e soprattutto lo stadio.
Una palestra per questi giovani che lì fanno propri atteggiamenti violenti e squadristi. Nelle curve imparano a caricare avversari e polizia, a non «indietreggiare mai». Si avvalora l’idea del gruppo ristretto che si deve difendere dall’esterno: «Pochi ma buoni», è un immaginario su cui gioca il fascismo. Non è un caso che i gruppi d’estrema destra abbiano tentato, e tentano, una chiara operazione politica sul tifo. Provano da anni ad arruolare militanti. Forza Nuova più insidiata nella nord laziale e Casa Pound, fuoriuscita da poco da Fiamma Tricolore, che ha un gruppo «Padroni di casa» nella Sud romanista. Ma l’esperimento non decolla e si avvia verso il declino. A confermarlo gli scarsi risultati elettorali presi da vari esponenti di questi partiti che hanno fatto campagna nelle curve. I cani sciolti, malgrado i tentativi articolati delle sigle organizzate (il leader di Casa Pound è sia ultras che cantante di un noto gruppo dell’estrema destra, gli «ZetaZeroAlfa»), non pagano. Ha vinto la logica inversa. Quella più pericolosa per l’incolumità fisica delle persone e meno politica. Gli schemi del tifo hanno invaso la città, con la curva che è entrata prepotentemente in politica, imponendo il proprio modus vivendi: scontri e armi, in primis il coltello. Adoperato all’Olimpico, la domenica a Ponte Milvio la «puncicata» sul gluteo al tifoso ospite è diventata ahimè una routine, per poi utilizzarlo in spedizioni cittadine contro i «diversi». Come quella contro Fabio Sciacca, accoltellato venerdì 29 agosto, al termine di un concerto in ricordo di Renato Biagetti, ucciso due anni fa a Focene sempre da fascisti. Gli stessi Ros, che stanno indagando sull’aggressione, sono orientati ad attribuire l’assalto a gente da stadio legata alla microcriminalità urbana. I partiti pur provandoci rimangono spesso (ma non sempre) spiazzati dalle comitive nere che si autorganizzano. A Roma, dove si sono moltiplicate le azioni squadristiche, si assiste a un restyling dell’estrema destra. Forza Nuova, che si rifà più al clerico-fascismo di stampo lefevbriano e non ha nella capitale più di cento militanti, sembra in crisi. Soprattutto dopo gli scontri all’università La Sapienza, che vedono coinvolto nel processo uno degli uomini di spicco (Martin Avaro), e la debacle elettorale. In brutte acque naviga anche Fiamma Tricolore che dopo l’alleanza elettorale con La Destra ha perso pezzi: la parte più forte nella capitale, Casa Pound, politicamente erede di Movimento Politico, ha preso un’altra strada. Fallito il progetto di prendere in mano il partito di Romagnoli ha deciso di ricominciare ripartendo dal «movimento». Per poi magari piazzare un proprio candidato alle prossime elezioni come indipendente in qualche lista nell’arco della destra. Infatti il sindaco Alemanno, pur prendendo ufficialmente distanza da questi gruppi e dai continui raid fascisti, continua ad alimentare il germe dell’intolleranza nella società (con le sue norme sulla sicurezza) e non è da escludere che alla prossima tornata non chiuda la porta in faccia ai fuoriusciti di Fiamma. A conferma, la spaccatura interna a Casa Pound con un gruppo che ha fondato il movimento Area Identitaria Romana con l’obiettivo di confluire già ora nel Pdl: «Napoli – ha spiegato il loro leader Giuliano Castellino in un’intervista a Libero – è stata ripulita. Roma è migliorata. In questo contesto è maturata la nostra scelta. Vogliamo l’Europa di Berlusconi, Tremonti ed Alemanno». In questa galassia frammentata i vari partiti hanno ruggini tra loro. Solo dopo «eventi straordinari» pare abbiano contatti diretti. Per il resto non si risparmiano accuse e mazzate. Discorso diverso per le comitive nere. A loro interessa l’azione fulminea, il raid contro il diverso. Non il progetto politico. Almeno per ora.