Exil et Chatiment

Livres: Paolo Persichetti, Exil et châtiment. Coulisses d’une extradition, préfactions de Gilles Perrault et Erri De Luca

Paolo Persichetti a été enlevé et extradé précipitamment sur décision du gouvernement Raffarin pendant le dernier week-end d’août 2002, au
97828459714311 mépris de la parole donnée au nom de la France par François Mitterrand puis par Lionel Jospin. Il a été livré la nuit même à la justice italienne pour purger une condamnation à 17 ans de prison sans aucun recours ni procédure d’appel. Aujourd’hui détenu à Viterbo, Paolo Persichetti développe dans ce livre, à partir de son cas personnel, une critique ravageuse de la procédure pénale italienne et de la collusion entre les déraisons d’Etat dont il est devenu l’otage. À travers la démystification de la « démocratie judiciaire » et son analyse de la « judiciarisation » de l’espace public, il conduit une réflexion de fond sur les refoulements et les pathologies d’une société italienne, hantée par ses années de plomb et refusant obstinément de tourner la page par une mesure d’amnistie.
Écrit d’une plume alerte et souvent féroce, le livre de Persichetti est précédé de deux préfaces, l’une de Gilles Perrault (lui-même critique impitoyable de l’institution judiciaire dans Le pull-over rouge) et l’autre de Erri di Luca. En écho à l’émoi suscité par la probable extradition de Cesare Battisti,
le réquisitoire de Persichetti revêt une actualité brûlante. Condamné sur la simple délation d’un repenti, victime d’une injustice révoltante, bouc-émissaire d’un combat perdu depuis longtemps, à l’heure enfin où l’état d’exception tend s’imposer dans l’espace judiciaire européen, son auteur risque d’être englouti dans les oubliettes pénales de l’Etat italien.

Paolo Persichetti, ESILIO E CASTIGO, edizioni Città del Sole 2005

Libri: Paolo Persichetti, Esilio e castigo, edizioni Città del Sole, 15 euro

 

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Scritto in prigione e pubblicato per la prima volta in Francia, questo libro è la rappresentazione fedele di un caso di ingiustizia esemplare e costituisce uno stimolo efficace per la ripresa del dibattito sugli avvenimenti di quegli anni cruciali, al di là delle sciocchezze reticenti e delle turpitudini interessate che la vulgata ufficiale continua ad accreditare. Detenuto nel carcere di Viterbo, l’autore sviluppa qui una critica rabbiosa della procedura penale, di cui è divenuto ostaggio. Attraverso l’analisi della ‘democrazia giudiziaria’ e della ‘giudiziarizzazione’ dello spazio pubblico, Paolo Persichetti presenta una riflessione incalzante su problemi non risolti della società italiana, risalenti agli anni ’70, e che avevano già allora disvelato la natura classista e persecutoria delle istituzioni e le gravi responsabilità di una certa ‘sinistra’. La requisitoria dell’autore è di un’attualità scottante, in un’epoca in cui lo stato d’eccezione tende a imporsi nello spazio giudiziario europeo e, più in generale, a livello internazionale. «La cella addosso a Paolo Persichetti è saldata con la fiamma fredda del rancore. Prima il raggiro, la truffa di una finta accusa per poterlo estradare, e la complicità dei funzionari che si sono prestati a trafugare un corpo in libertà per consegnarlo ai carcerieri. Poi la penitenza di scontare pene per le rivolte politiche del 1900 […]. Rancori: in Italia non si perdona l’azione di chi andò allo sbaraglio senza alcun tornaconto personale. Chiamano volentieri terrorismo qualunque azione non abbia un riscontro economico. Da noi si perdona tutto, purché commesso per arricchimento […]. Incomprensibile e perciò imperdonabile è la generazione politica della quale Paolo Persichetti è stato uno degli ultimi iscritti, il più giovane dei noialtri di allora». (Erri De Luca) Paolo Persichetti (Roma, 1962) partecipa alle grandi lotte dell’inizio degli anni ’80. Nel 1987 è arrestato per organizzazione di banda armata. È poi accusato, senza elementi, di aver partecipato all’omicidio Giorgieri. Si rifugia in Francia, dove – nonostante la richiesta di estradizione che il governo francese ‘congela’ come per tutti i fuoriusciti – insegna scienze politiche all’Università di Parigi VIII. Nel 2002 è arrestato con la falsa accusa di complicità nell’uccisione di Marco Biagi, ed è estradato in Italia dove viene incarcerato a Viterbo.