Anche Berlusconi lancia la caccia ai Rom

Il Consiglio dei ministri vara il secondo pacchetto sicurezza dopo quello del 2008. Misure contro le prostitute di strada. Scatenata la caccia ai Rom. I prefetti potranno utilizzare la polizia per far rispettare le ordinanze dei sindaci-potestà. Carta d’identità elettronica anche per i neonati

Paolo Persichetti
Liberazione 6 novembre 2010

«Abbiamo deciso di inserire una norma sul reato di prostituzione nel pacchetto sicurezza». La frase è stata pronunciata ieri da Silvio Berlusconi, anche se nelle intenzioni del premier non voleva essere la solita stucchevole barzelletta con la quale ogni volta egli pensa di accattivarsi l’uditorio che ha di fronte, come consigliano alcuni manuali di management. La tragedia degli uomini ridicoli è quella di non possedere nessuna qualità comica. Al massimo riescono a sprofondare nel grottesco. Dopo una estate trascorsa all’insegna delle rivelazioni sulle escort che vanno e vengono dalle lussuose residenze private del presidente del consiglio, dopo i verbali resi davanti alla magistratura da alcune testimoni sui festini a luce rossa e i party a base di sesso a pagamento e droghe avvenuti nelle sue ville, riferiti dalla stampa nelle ultime settimane, Berlusconi è arrivato alla conferenza stampa per presentare il nuovo pacchetto sicurezza annunciando il varo, addirittura con misura d’urgenza tramite decreto legge, di una nuova norma contro la prostituzione. Poiché – ha spiegato senza il minimo imbarazzo ma con il suo consueto sorriso di plastica – il provvedimento contenuto nel ddl preparato dalla ministra per le Pari opportunità, Mara Carfagna, «non procedeva in Parlamento abbiamo ritenuto di riapprovarlo di nuovo». La misura – ha precisato il ministro degli Interni Roberto Maroni, presente anch’egli alla conferenza stampa – prevede l’introduzione del foglio di via obbligatorio per chi esercita la prostituzione in strada violando le ordinanze dei sindaci in materia. Niente a che vedere con il meretricio di Stato, insomma quello sotto scorta che affolla le serate rilassanti del primo ministro. «Fumo» per sollevare l’allarme su «un’emergenza prostituzione, che non c’è», ha commentato Pia Covre, segretaria del comitato per i Diritti civili delle prostitute, che ha ricordato come il foglio di via per chi lavora sui marciapiedi «esiste già e molti già lo applicano». Il decreto attribuisce ai prefetti il potere di disporre del concorso delle forze di polizia per assicurare l’attuazione delle ordinanze in materia di sicurezza urbana. In questo modo, ha spiegato Maroni, «si rafforza il ruolo dei sindaci: le ordinanze comunali, infatti, si sono spesso rivelate poco efficaci perché non c’era collegamento con le forze di polizia che dovevano attuarle». Arriva a compimento così la filosofia penale d’eccezione contenuta nel primo pacchetto sicurezza varato nel 2008, quello che aveva esteso la possibilità per i sindaci di emettere ordinanze amministrative in deroga alle situazioni di urgenza e necessità. Il federalismo di stampo leghista erige così un altro pezzo della sua architettura autoritaria della società. Il combinato disposto delle ordinanze amministrative emanate da sindaci, trasformati in potestà, che intervengono cortocircuitando giunte e consigli comunali, supportate dalla forza pubblica, disegnano un sistema istituzionale non previsto dalla attuale costituzione che fa a meno degli organi di rappresentanza e soprattutto attribuiscono carattere di sanzione penale a norme amministrative, spesso stravaganti e assolutamente incoerenti, non previste dal codice penale. Alla stessa logica appartiene l’attribuzione ai comuni delle competenze in materia di rinnovo dei permessi di soggiorno. Ogni anno le questure rinnovano 500mila permessi.  «noi vogliamo – ha detto Maroni – che il rinnovo dei permessi di soggiorno venga tolto alle questure e suddiviso sul territorio nei comuni dove i cittadini comunitari risiedono». Un modo per trasferire il controllo sulle politiche migratorie in mano alle forze politiche che controllano il territorio. La Lega che controlla buona parte del Nord potrà così avere mano libera per trasformare i cittadini extracomunitari in situazione regolare in “clandestini” e quindi cacciarli dal Paese, costringerli a spostarsi altrove o addirittura arrestarli grazie al reato di immigrazione clandestina introdotto nel precedente pacchetto sicurezza. Altra norma xenofoba e razzista introdotta, questa volta sotto forma di disegno di legge, è  la possibilità di espellere i cittadini dell’Unione europea che vogliano soggiornare in Italia oltre i 90 giorni senza avere i requisiti di alloggio e reddito. Si tratta di un calco della legge introdotta recentemente dal governo francese per espellere le comunità Rom e nomadi in genere. «La violazione – ha spiegato sempre il ministro dell’Interno – oggi non è sanzionata e dunque noi introduciamo una sanzione che è l’invito ad allontanarsi. Se questo invito non viene rispettato, è prevista l’espulsione del cittadino comunitario per motivi di ordine pubblico». L’unica nota positiva dei nuovi dispositivi di legge, ovvero l’abrogazione della legge Pisanu che vietava l’accesso libero alle postazioni wi-fi e agli internet-point, è stata subito compensata dall’introduzione della nuova carta di identità elettronica sin dalla nascita per tutti i cittadini. La schedatura biometrica degli italiani comincerà sin dalla culla.

Link
Francia, la nuova banca dati che scheda le minoranze etniche non sedentarizzate
Il populismo penale una malattia democratica
Il governo della paura
Genesi del populismo penale e nuova ideologia vittimaria
Populismo penale, una declinazione del neoliberismo

Francia, ecco la legge che deporta i Rom e toglie la nazionalità ai giovani delle banlieues che prendono parte alle sommosse urbane

Inasprite tutte le norne sull’immigrazione. Dopo la circolare razzista del ministero degli Interni ora viene fuori la nuova banca dati che scheda le minoranze etniche non sedentarizzate

Paolo Persichetti
Liberazione
8 ottobre 2010


I deputati francesi hanno terminato ieri l’esame della legge che introduce nuovi inasprimenti sulle norme che regolano l’ingresso e la presenza sul territorio degli immigrati. Diverse associazioni per la difesa dei diritti umani si sono mobilitate davanti all’Assemblea nazionale per protestare contro i nuovi articoli ritenuti apertamente xenofobi e razzisti. L’approvazione finale è prevista per il prossimo martedì 12 ottobre. Si tratta del quinto testo varato negli ultimi sette anni a riprova della centralità che il tema ha acquisito nell’agenda politica ma anche delle forti controversie che esso suscita. Proprio ieri Le Monde ha rivelato la presenza di una nuova banca dati, l’ennesima, creata per schedare Rom e nomadi la cui presenza sul territorio è considerata dalle autorità illegale e clandestina. Uno schedario etnico ribattezzato Mens, Minoranze etniche non sedentarizzate, gestito dall’ufficio centrale per la lotta alla criminalità itinerante (Ocldi). Dopo la circolare razzista diffusa il 30 luglio scorso dal ministero dell’Interno, nella quale si invitavano «i Prefetti ad avviare in ogni dipartimento una operazione sistematica di smantellamento dei campi illegali, in priorità di quelli Rom», la scoperta del nuovo database ha sconcertato non poco quella parte di opinione pubblica che ha ancora bene in mente la stagione di Vichy, gli anni bui del petainismo, le leggi razziali e la collaborazione con l’occupante-alleato nazista che portò alla famigerate deportazioni di massa delle popolazioni d’origine ebrea e zigana, nonché dei Resistenti nei campi di prigionia e di sterminio del III Reich. Gli avvocati delle quattro principali associazioni Rom e nomadi (gens du voyage) hanno depositato, mercoledì 6 ottobre, presso la procura della repubblica di Parigi una denuncia per «costituzione di uno schedario non dichiarato e conservazione di dati a carattere personale da cui si evincono informazioni sull’origine raziale e etnica delle persone». Reati punibili per la legge francese con una pena fino a 5 anni di carcere e 300 mila euro di multa. Per la stessa ragione Michel Bart, il capo di gabinetto del ministro dell’Interno Brice Hortefeux, che aveva firmato la circolare sullo smantellamento dei campi Rom, è stato convocato dal tribunale il 23 novembre prossimo per verificare la sussistenza negli atti amministrativi del ministero del reato di «incitamento all’odio razziale». L’imbarazzo nelle fila del governo, scrive sempre Le Monde, è notevole. Il ministero dell’Interno ha fatto sapere di non essere a conoscenza dello schedario mentre la gendarmeria ha smentito la sua esistenza. La discussione sulla legge Besson, dal nome del ministro dell’Immigrazione reclutato da Sarkozy nei ranghi del partito socialista, è avvenuto a tamburo battente. 30 ore appena secondo il “tempo contingentato” previsto dal nuovo regolamento parlamentare, suddivise tra i diversi gruppi presenti all’Assemblea e nemmeno impiegate del tutto. Tra le misure più controverse contenute nel nuovo testo c’è il ritiro della nazionalità anche a tutti coloro che, in possesso della naturalizzazione da meno di 10 anni, hanno attentato alla vita di persone depositarie dell’autorità pubblica. Una misura chiaramente rivolta a quei giovani delle banlieues, nati in Francia da genitori stranieri ma che possono acquisire la nazionalità solo con la maggiore età, che prendono parte alle sommosse urbane. Una disposizione esplicitamente richiesta da Sarkozy dopo gli scontri di luglio in una periferia di Grenoble. Le nuove disposizioni prevedono la creazione di “zone d’attesa temporanea” alle frontiere, dove trattenere i richiedenti asilo che fino ad oggi potevano fare liberamente ingresso. Il prolungamento fino a 45 giorni della permanenza nei centri di retenzione, l’equivalente dei nostri Cie e la limitazione del ruolo della giustizia ordinaria nelle procedure d’espulsione. La punizione dei “matrimoni bianchi” con pene fino a 7 anni e 30 mila euro di ammenda, la rigida limitazione dell’accesso alla cure per i cittadini stranieri, il divieto di ingresso sul territorio europeo fino a 5 anni per i migranti che non abbiano rispettato in precedenza l’ordine di lasciare il Paese, l’espulsione di cittadini, comunitari e non, che non abbiano un reddito minimo, una dimora adeguata e siano a carico del sistema sociale del Paese che li ospita. Migranti in cerca di fortuna, nomadi e ribelli sono definitivamente banditi dalla società francese.

Link
Lo Stato voyeur: il controllo sociale nella società neoliberale
Le periferie contro lo Stato
Spari, molotov e pietre contro la polizia dopo la morte di un giovane. La banlieue di Parigi torna a bruciare
Cronache migranti
Rom: lo chiamano “rimpatrio” ma è deportazione
Banlieues, la guerra sognata da Sarkozy
Francia, crociata del governo contro Gitani e Sinti
Sarko-choc, “Via la cittadinanza ai francesi di origine straniera autori di reati”
Francia, riesplode la banlieue. Guerriglia urbana a Grenoble

Rom: lo chiamano “rimpatrio” ma è deportazione

Vaticano e Onu intervengono contro le espulsioni di massa decise dal governo di Parigi

Paolo Persichetti
Liberazione 28 agosto 2010


«Basta con le espulsioni dei Rom già vittime di un olocausto», lo dice monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, di fronte alle deportazioni di intere comunità Rom messe in atto dalle autorità francesi. I governi preferiscono definirli rimpatri, dimenticando l’aggettivo “forzato”, concedono al massimo il termine “espulsioni”. Ma le espulsioni di massa su base etnica hanno precedenti storici che rimandano ai momenti più bui della storia europea, alla politica condotta dal Terzo Reich, al collaborazionismo della Francia di Vichy, alle leggi razziali del regime mussoliniano. Le parole dell’alto prelato non sono fuori misura bensì commisurate ad una realtà che diviene ogni giorno più torva. Il nostro governo, per bocca del ministro degli Interni Roberto Maroni, ha applaudito il nuovo impulso impresso alla politica sicuritaria dal presidente francese Nicolas Sarkozy. In una intervista apparsa sul Corriere della sera del 10 agosto scorso, il responsabile del Viminale si è guadagnato i galloni di nuovo ministro della xenofobia. Oltre a rallegrarsi del fatto che la Francia si è allineata alla politica delle espulsioni già avviata da tempo in Italia, ha annunciato l’adozione di misure ulteriori, come «l’espulsione di cittadini comunitari che non abbiano un reddito minimo, una dimora adeguata e siano a carico del sistema sociale del Paese che li ospita». Se ne discuterà il 6 settembre prossimo a Parigi durante una riunione dei ministri dell’Interno dei Paesi europei. L’obiettivo è quello di aggirare con uno stratagemma formale gli ostacoli normativi che impediscono il ricorso a politiche discriminatorie. I Nomadi, Rom e Sinti, provengono da Paesi comunitari. Rendendo generale il potere di espulsione, senza più riferimenti alle origini etniche ma delineando in altro modo l’identikit dei futuri perseguitati, in questo caso su base censitaria ed amministrativa, sarà possibile procedere con grande disinvoltura, e un raggio d’azione ancora più largo, ad espulsioni a catena. Eppure questa radicalizzazione della politica sicuritaria, questa invenzione dell’insicurezza programmatica trasformata in progetto elettorale e politico, in linea ideologica di rottura, in faglia permanente costruita pescando nei classici del pensiero razzista, fascista e segregazionista, non sembra raccogliere il pieno dei consensi sperati. Crisi economica e inchieste sui finanziamenti occulti ricevuti dai grandi padroni di Francia, hanno tolto splendore alla stella di Sarkozy, in forte calo nei sondaggi al punto da temere per la propria ricandidatura. La scelta di rilanciare sul terreno della xenofobia e della repressione sociale nelle periferie risponde dunque a un progetto politico-ideologico attentamente ponderato che, secondo alcuni osservatori, prevede l’abbandono dell’apertura a gauche e lo sdoganamento del Fronte nazionale. Come? C’è chi pensa ad operazioni simboliche come fu il viaggio in Israele di Gianfranco Fini. Un bagno rigenerante che si liberi degli orrori del passato per meglio mettere in campo le politiche xenofobe della modernità. Sarkozy guarda al modello italiano e forse pensa ad una Fiuggi del post-lepenismo. Intanto però i sondaggi, quelli seri, non manipolati con domande orientate che suggeriscono parte della risposta, dicono che la deportazione dei Rom non piace ai Francesi. Solo il 48% restano favorevoli. Un crollo di oltre il 20% in poche settimane. Mentre il New York Times gli ricorda di essere figlio di un profugo ungherese e sposo di una cittadina italiana naturalizzata francese. La legge dovrebbe essere uguale per tutti, non solo per i suoi familiari. Lo stesso discorso vale per la nazionalità che non è questione di classe o di status. Perché toglierla a «qualunque persona di origine straniera che abbia volontariamente attentato» alla vita di un poliziotto, un gendarme o altro depositario della pubblica autorità – come recita una misura legislativa che verrà varata nel prossimo Consiglio dei ministri – trascurando invece quella di chi, depositario della pubblica autorità, deputato della Repubblica, sindaco, amministratore locale, Comis d’Etat, ministro dello Stato, manager d’impresa, abbia raccolto fondi neri, evaso le tasse, corrotto o intascato tangenti?

Link
Sarko-choc, “Via la cittadinanza ai francesi di origine straniera autori di reati”
Francia, riesplode la banlieue. Guerriglia urbana a Grenoble
Francia, crociata del governo contro Gitani e Sinti