Anni 70: «furono reati politici». Il ministro della Giustizia brasiliano Tarso Genro concede l’asilo politico a Cesare Battisti
Paolo Persichetti
Liberazione 16 gennaio 2009
Cesare Battisti, l’ex esponente dei Pac condannato all’ergastolo dalla giustizia dell’emergenza italiana e riparato in
Brasile dopo l’estradizione concessa dalla Francia, non verrà estradato. Il ministro della Giustizia Tarso Genro, anch’egli con un passato di esiliato politico durante gli anni della dittatura e per questo rifugiatosi in Uruguay, gli ha concesso l’asilo politico (sarà libero entro 4 giorni). Decisione che ha capovolto il parere fornito a stretta maggioranza (tre contro due) dal Conare (l’organismo abilitato a fornire un avviso tecnico) il 28 novembre scorso. Arrestato a Copacabana il 18 marzo 2007, Battisti non era riuscito inizialmente a far valere le sue ragioni. Le prime tappe della procedura aveva preso una brutta piega. Insomma l’esito positivo della vicenda non sembrava affatto scontato. Il 2 aprile 2008, il procuratore generale, raccogliendo le pressioni diplomatiche e soprattutto degli ambienti giudiziari italiani, aveva espresso parere favorevole all’estradizione. Per questo la difesa aveva rinunciato a proseguire la sua battaglia sulla via strettamente giudiziaria, che prevedeva il ricorso al tribunale supremo federale (l’equivalente della nostra corte costituzionale), per interpellare direttamente il potere politico. Così in ragione dello “statuto dei rifugiati del 1951” e di una legge del 1997, il ministro della Giustizia ha ritenuto che esistessero tutti i requisiti richiesti per la concessione dell’asilo politico. Tra questi il fatto che gli episodi contestati a Battisti poggiassero tutti sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Pietro Mutti, lautamente remunerato con l’impunità, senza altri fondati elementi di prova; la presenza di una legislazione penale speciale, cioè di una giustizia d’eccezione che sovrasanziona i delitti politici e riduce le garanzie processuali e la sussistenza di un contesto storico caratterizzato da un conflitto sociale acceso. Il mantenimento, a distanza di tanti decenni, di un intento ultrapersecutorio che ha reso tabù qualsiasi chiusura politica delle eredità penali degli anni 70, avrebbe così suscitato quel rischio di «persecuzione politica», evocato per giustificare l’asilo, che tanto scandalo ha suscitato nel ceto politico-giudiziario italiano. A confortare la decisione è intervenuto anche il parere di Francesco Cossiga, già ministro degli Interni e presidente del consiglio negli anni più duri dello scontro tra istituzioni e sovversione di sinistra (nonché promulgatore della legislazione speciale). Alcuni decisivi passaggi della lettera dell’ex presidente della Repubblica sono stati ripresi nello stesso provvedimento emesso dal ministro Genro. Vi si può leggere infatti che «i sovversivi di sinistra venivano considerati nell’Italia degli “anni di piombo”, come semplici terroristi e talvolta criminali comuni. L’autore della lettera – conclude il provvedimento – sostiene, tuttavia, l’impropietà di questa classificazione attribuita al ricorrente». La decisione del Brasile, che si aggiunge a quella della Francia sul caso Petrella, rappresenta un smentita cocente delle arroganti pretese della magistratura e del ceto politico italiano. La dottrina Mitterrand ha trovato in questo modo una rinnovata legittimazione internazionale. L’italia con la sua eccezione giudiziaria resta sempre più sola.
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