Paolo Persichetti, ESILIO E CASTIGO, edizioni Città del Sole 2005

Libri: Paolo Persichetti, Esilio e castigo, edizioni Città del Sole, 15 euro

 

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Scritto in prigione e pubblicato per la prima volta in Francia, questo libro è la rappresentazione fedele di un caso di ingiustizia esemplare e costituisce uno stimolo efficace per la ripresa del dibattito sugli avvenimenti di quegli anni cruciali, al di là delle sciocchezze reticenti e delle turpitudini interessate che la vulgata ufficiale continua ad accreditare. Detenuto nel carcere di Viterbo, l’autore sviluppa qui una critica rabbiosa della procedura penale, di cui è divenuto ostaggio. Attraverso l’analisi della ‘democrazia giudiziaria’ e della ‘giudiziarizzazione’ dello spazio pubblico, Paolo Persichetti presenta una riflessione incalzante su problemi non risolti della società italiana, risalenti agli anni ’70, e che avevano già allora disvelato la natura classista e persecutoria delle istituzioni e le gravi responsabilità di una certa ‘sinistra’. La requisitoria dell’autore è di un’attualità scottante, in un’epoca in cui lo stato d’eccezione tende a imporsi nello spazio giudiziario europeo e, più in generale, a livello internazionale. «La cella addosso a Paolo Persichetti è saldata con la fiamma fredda del rancore. Prima il raggiro, la truffa di una finta accusa per poterlo estradare, e la complicità dei funzionari che si sono prestati a trafugare un corpo in libertà per consegnarlo ai carcerieri. Poi la penitenza di scontare pene per le rivolte politiche del 1900 […]. Rancori: in Italia non si perdona l’azione di chi andò allo sbaraglio senza alcun tornaconto personale. Chiamano volentieri terrorismo qualunque azione non abbia un riscontro economico. Da noi si perdona tutto, purché commesso per arricchimento […]. Incomprensibile e perciò imperdonabile è la generazione politica della quale Paolo Persichetti è stato uno degli ultimi iscritti, il più giovane dei noialtri di allora». (Erri De Luca) Paolo Persichetti (Roma, 1962) partecipa alle grandi lotte dell’inizio degli anni ’80. Nel 1987 è arrestato per organizzazione di banda armata. È poi accusato, senza elementi, di aver partecipato all’omicidio Giorgieri. Si rifugia in Francia, dove – nonostante la richiesta di estradizione che il governo francese ‘congela’ come per tutti i fuoriusciti – insegna scienze politiche all’Università di Parigi VIII. Nel 2002 è arrestato con la falsa accusa di complicità nell’uccisione di Marco Biagi, ed è estradato in Italia dove viene incarcerato a Viterbo.

Erri De Luca: Lettera a un detenuto politico nuovo di zecca

“Persichetti, hanno bisogno di te

Erri De Luca
il manifesto
5 settembre 2002


Vedi Paolo, questi poteri hanno bisogno di te. I detenuti politici, gli sconfitti antichi della lotta al terrorismo sono invecchiati. Da loro non si riesce più a spremere nessuna gratificazione di essere i loro vincitori. Per l’anno venturo duemilatre, è vero, sono previsti circa quattro film sul rapimento Moro per l’occasione del quarto di secolo, ma sono appunto film ed è intanto passato un diluvio di anni di prigione per i responsabili. Di loro e di tutti gli atti di lotta armata si sa tutto, ma si finge di non saperli ancora fino in fondo, per mantenere il fascino di un opera al nero che ancora sobbolle. Ora hanno urgente bisogno di carne fresca da mettere a frollare nelle celle dei nemici. Tu quarantenne sei quanto di meglio offre il mercato. Sei la selvaggina allevata nella semiprigionia dell’esilio francese, quella selvaggina indifesa che nella stagione di caccia viene impallinata nelle riserve. Cosa importa che si tratta di atti remoti, gli ultimi della stagione terminale della lotta armata? Cosa importa che tu oggi sia uno straniero rispetto a quel suolo? Tu sei la nuova preda della gratificante lotta al terrorismo che da noi alimenta successi personali. Come in Israele fanno carriera politica i generali, così da noi l’hanno fatta e la fanno i magistrati addetti alla specialità. Oggi l’Italia e l’occidente hanno bisogno ossigenante della giustificazione. Che diritto abbiamo di approfondire lo scarto della nostra ricchezza, del dominio sulle scorte di aria, acqua e suolo del pianeta, che diritto per alzare barriere e barricate contro le povertà? Abbiamo il diritto di una società in pericolo, minacciata di distruzione dal terrorismo, che perciò può giocare in difesa le sue carte peggiori e compattare il fronte interno. Persone come Fallaci e Glucksmann fanno bene a iscriversi alla nuova specie protetta della civiltà in pericolo. Il loro numero zero parte dal ground di Manhattan, il mio dall’abissale sottozero della gran parte della terra.
Ma quale indulto, ma quale amnistia? Qua serve il rinnovo del personale prigioniero. Quello in garanzia da più di venti anni è in scadenza. La Francia ha tenuto in fresco per noi tutta una bella fetta di rimandati, da poter punire oggi come nuovi. Oggi possono cominciare ergastoli per reati politici di trent’anni fa, che pacchia di vittoria, che teste incanutite da impagliare. Da noi il rancore dopo decenni è ancora intatto, fresco di giornata.
Non riescono a ottenere un solo spiffero sui casi sospesi, un paio di tristi omicidi di funzionari ministeriali isolati e disarmati. Senza soffiate non sono buoni a chiudere neanche l’indagine di Cogne, dopo trecento perquisizioni alla casetta da parte di tutta la squadra scientifica e scienziata.
Vedi Paolo, non sei la retroguardia di una schiera di vinti stravinti, ma il tratto d’unione con i futuri sconfitti da imbalsamare vivi in prigioni abitate ormai solo da stranieri. Perché gli italiani sono sempre innocenti. Sei la primizia di nuove carriere fondate sulla deportazione di altri uccelli da gabbia. Che importa che non siete canarini, che non cantate perché non sapete niente dei motivetti nuovi? Conta che siate lì, nei ceppi esposti dell’ultima gogna contro il terrorismo.
Di recente mi hanno chiesto con sincero stupore come mai avevo scritto la prefazione al libro di Scalzone e tuo Il nemico inconfessabile. Oggi le parole, i libri tornano ad avere il rispettabile peso del sospetto, e una prefazione può già fornire il brivido del reato associativo. Oggi mi sento associato ai residui penali degli anni settanta e ottanta molto più di prima e molto più di una prefazione. Avrei l’ambizione di scriverne la conclusione.
Vedi Paolo non ho consolazioni per te, non posso darti il benvenuto nella tua città turbata dal ritardo del campionato di calcio e dalla zanzara tigre. Ti mando queste righe attraverso uno dei due o tre giornali che in Italia accettano questi argomenti. Ti auguro la più profonda anestesia.

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Erri De Luca, lettre à un detenu politique flambant neuf

Erri De Luca: lettre à un détenu politique flambant neuf

“Persichetti, ils ont besoin de toi”

Erri De Luca
il manifesto
5 septembre 2002


Tu vois, Paolo, ces pouvoirs ont besoin de toi. Les détenus politiques, les anciens battus de la lutte antiterroriste ont vieilli. On ne peut plus tirer d’eux aucune gratification à en être les vainqueurs. Il est vrai qu’en deux mille trois sont prévus au moins quatre films sur l’enlèvement d’Aldo Moro, un quart de siècle après, mais ce sont justement des films et entre-temps un déluge d’années de prison s’est écoulé pour les responsables. On sait tout sur eux et sur tous les actes de la lutte armée, mais on feint de ne pas les connaître à fond pour entretenir le charme d’une œuvre au noir toujours en frémissement. Maintenant, ils ont un besoin urgent de chair fraîche à mettre à faisander dans les cellules pour ennemis. Toi, avec tes quarante ans, tu es ce qu’il y a de mieux sur le marché. Tu es un gibier élevé dans la semi-prison de l’exil français, ce gibier sans défense qu’on crible de plomb dans les réserves pendant la saison de la chasse. Qu’importe qu’il s’agisse d’actes lointains, les derniers de la saison finale de la lutte armée ? Qu’importe que tu sois aujourd’hui un étranger vis-à-vis de ce sol-là ? Tu es la nouvelle proie de la lutte gratifiante contre le terrorisme qui chez nous alimente des succès personnels. Comme les généraux qui font une carrière politique en Israël, chez nous ce sont les magistrats chargés de cette spécialité qui l’ont faite et la font. Aujourd’hui, l’Italie et l’Occident ont un besoin oxygénant de justification. Quel droit avons-nous de creuser l’écart de notre richesse, de contrôler les stocks d’air, d’eau et de sol de la planète, quel droit avons-nous de dresser des barrières et des barricades contre les pauvretés ? Nous avons le droit d’une société en danger, menacée de destruction par le terrorisme, qui, pour sa défense, peut donc jouer ses plus mauvaises cartes et compacter son front intérieur. Certains intellectuels ont raison de s’inscrire au nombre de la nouvelle espèce protégée de la civilisation en danger. Leur numéro zéro part du ground de Manhattan, le mien de l’abyssal au-dessous de zéro de la plus grande partie de la terre.
Mais quelle remise de peine, mais quelle amnistie ? Ce qu’il faut ici, c’est le renouvellement du personnel incarcéré. Celui qui est sous garantie depuis plus de vingt ans arrive à échéance. La France a gardé au frais pour nous toute une belle tranche de recalés qu’on peut punir aujourd’hui comme s’ils étaient nouveaux. Aujourd’hui peuvent commencer des réclusions à perpétuité pour des crimes politiques d’il y a trente ans, quelle belle victoire toutes ces têtes blanchies à empailler. Chez nous, après des décennies, la rancune est toujours intacte, fraîche du jour.
Ils n’arrivent pas à obtenir le moindre cafardage sur les affaires en souffrance, deux tristes homicides de fonctionnaires ministériels isolés et désarmés. Sans dénonciations, ils sont incapables aussi de clore l’enquête de Cogne, après trois cents perquisitions dans la petite maison par toute l’équipe scientifique et savante.
Tu vois Paolo, tu n’es pas l’arrière-garde d’une troupe d’hommes battus à plate couture, mais le trait d’union avec les futurs vaincus à embaumer vivants dans des prisons uniquement habitées désormais par des étrangers. Car les Italiens sont toujours innocents. Tu es la primeur de nouvelles carrières fondées sur la déportation d’autres oiseaux de cage. Qu’importe que vous ne soyez pas des canaris, que vous ne chantiez pas parce que vous ne savez rien des nouveaux refrains ? Ce qui compte, c’est que vous soyez là, dans les fers du dernier pilori contre le terrorisme.
Récemment, on m’a demandé avec un sincère étonnement comment j’avais pu écrire la préface du livre de Scalzone et toi La révolution et l’Etat. Aujourd’hui, les mots, les livres retrouvent le poids respectable du soupçon, et une préface peut déjà procurer le frisson du délit d’association. Aujourd’hui, je me sens associé à tout le restant pénal des années soixante-dix et quatre-vingt bien plus qu’avant et bien au-delà d’une préface. J’aurais l’ambition d’en écrire la conclusion.
Tu vois Paolo, je n’ai pas de consolation à t’offrir, je ne peux te souhaiter la bienvenue dans ta ville troublée par le retard du championnat de football et par le moustique tigre. Je t’envoie ces lignes à travers un des deux ou trois journaux qui acceptent de traiter ces sujets en Italie. Je te souhaite la plus profonde anesthésie.

Traduction de Danièle Valin


Il nemico inconfessabile, sovversione e lotta armata nell’Italia degli anni 70

Libri – Il Nemico inconfessabile, Paolo Persichetti, Oreste Scalzone, Odradek gennaio 1999

Adriana Bellini
Liberazione
27 dicembre 1998

«Quando la Francia ha dato asilo politico a gente che era stata condannata nel nostro paese, non abbiamo certo assalito l’ambasciata, abbiamo rispettato quella decisione». Interrogato sul caso Ocalan, nel cortile dell’Eliseo, il 24 novembre D’Alema ha risposto così, accennando ai fuoriusciti italiani che vivono a Parigi. nemicoinconfessabile21Era stato
Mitterrand, dopo la sua elezione a presidente della Repubblica nell’81, ad accogliere quei protagonisti degli anni di piombo italiani che erano fuggiti in Francia per evitare le pene severe previste dalla legislazione d’emergenza contro il terrorismo. C’è chi ha fatto l’operaio, chi si è trovato un posto da giornalista o ha vinto un concorso da ricercatore chi, infine, si e scoperto la vocazione dello scrittore. Figli, famiglie e alcuni punti di incontro, come la libreria italiana di Rue du roi de Sicile, certe trattorie o i locali dove Scalzone organizza i suoi incontri teatrali e letterari. Ma l’Europa e l’applicazione del trattato di Schengen, che rende esecutivo in ogni paese il mandato d’arresto emesso da un altro stato membro, ha sconvolto la vita di questa mini comunità italiana. La polizia ha arrestato alcuni fuoriusciti – altri ne avrebbe potuto arrestare in qualunque momento – per avviare la procedura d’estradizione. Ma Jospin è intervenuto rapidamente, dopo appena dieci giorni, per ribadire che il governo della gauche plurielle avrebbe tenuto fede agli impegni di Mitterrand. Così persino Scalzone, che si voleva ultimo degli esuli, ha ottenuto tre mesi fa i documenti. Non li ha, invece, Paolo Persichetti che con Scalzone firma un libro, Il nemico inconfessabile, che sarà in libreria, sia in Italia che in Francia, alla fine di gennaio. Persichetti, infatti, è stato oggetto di un decreto di estradizione già quando era primo ministro Balladur (e la destra usava fare i dispetti all’allora presidente Mitterrand). Così ora quest’uomo, rimasto implicato quando era poco più che un ragazzo nell’ultimissima fase della lotta armata in Italia, viene semplicemente ignorato: nessuno lo arresta ma è rimasto l’unico “sans papier” tra i fuoriusciti italiani. Scalzone sostiene che sarebbero state esercitate pressioni da parte del ministero di Grazia e Giustizia per riavere in Italia uno almeno dei fuggitivi. Perciò si appella al ministro Diliberto e minaccia persino lo sciopero della fame.
Caso Persichetti a parte, nel libro, fin dalla prefazione di Erri de Luca, si sostiene che la lotta armata era conseguenza inevitabile dello scontro sociale negli anni settanta. E tuttavia, sostengono Scalzone e Persichetti, gli intellettuali di sinistra, lo Stato, la democrazia italiana non vogliono riconoscere, non intendono confessare, il carattere politico di quella stagione: di qui il titolo “Il nemico inconfessabile”.
Di queste storie, di questo modo particolare di vivere da Parigi la storia recente d’Italia, si occupa un film, presentato, alla cinemateque francaise, nel grande complesso delle Halles. Il titolo è Ciao Bella Ciao e l’autore Jorge Amat, figlio di un comunista spagnolo. Si apre con il viaggio di ritorno in Italia di Toni Negri, con la sua scelta di andare in carcere per strappare una soluzione politica del problema dei fuoriusciti. Poi immagini di repertorio (Valle Giulia, Parco Lambro, i funerali a Milano dello studente Zibecchi) si alternano alle interviste realizzate a Parigi con gli “esuli”.
Marongiu – che ora è giornalista a “Liberation” – racconta nel film gli incontri di calcio fra fuoriusciti italiani e spagnoli, o greci, o marocchini, o iraniani. Poi sono passati gli anni e a poco a poco le altre squadre scomparivano: i giocatori potevano tornare al loro paese. «Allora uno comincia a pensare alla storia – dice Marongiu – la Comune di Parigi fece migliaia e migliaia di morti, ma dieci anni dopo, nel 1881, nelle colonie penali di oltreoceano non c’era più nessuno dei comunardi». Gli stati dopo crisi politiche, insurrezioni e repressioni, scelgono in genere di voltare pagina. E in Italia?