Sarko-choc: «Via la cittadinanza ai francesi di origine straniera autori di reati»

Dietro l’attacco ai «troppi diritti», portato dal presidente francese, c’è l’intensione di smantellare l’assistenza medica universale

Paolo Persichetti
Liberazione 31 luglio 2010


«La nazionalità francese deve poter essere ritirata a tutte le persone di origine straniera che hanno volontariamente attentato alla vita di un poliziotto o di chiunque altro rappresenti l’autorità pubblica». E’ la proposta choc lanciata ieri da Nicolas Sarkozy durante la cerimonia d’insediamento del nuovo prefetto dell’Isère, incaricato di riportare l’ordine dopo le settimane di violenze urbane che hanno contrapposto giovani della banlieue di Grenoble alle forze dell’ordine. «Non dobbiamo esitare a rivedere le condizioni per ottenere il diritto ad acquisire la cittadinanza francese», ha dichiarato ancora il presidente francese, spiegando che bisogna «avere il coraggio di togliere la nazionalità a quelle persone nate all’estero che abbiano intenzionalmente cercato di uccidere un agente di polizia, un gendarme o qualunque altro rappresentante dell’autorità pubblica». L’inquilino dell’Eliseo ha poi ulteriormente rincarato la dose con un’altra proposta: per i minori nati in Francia da genitori stranieri una volta raggiunti i 18 anni di età l’acquisizione della nazionalità non deve essere più un diritto, qualora questi commettano dei crimini.
Accompagnato dalla ministra della Giustizia Alliot-Marie e dal responsabile dell’Interno Hortefeux (condannato pochi mesi fa per aver pronunciato frasi razziste contro un militante d’origine araba del suo stesso partito), Sarkozy ha nuovamente sfoderato la retorica sicuritaria. Nomadi e giovani delle periferie sono diventati così i capri espiatori dopo lo scandalo suscitato dall’inchiesta giudiziaria sui finanziamenti illegali che il candidato presidenziale avrebbe ricevuto durante la campagna elettorale dalla vedova Bettencourt, la ricca ereditiera della L’Oréal nota per le sue simpatie fasciste. Per risalire la china Sarkozy sta ripescando tutti gli argomenti contro la delinquenza che gli erano valsi la vittoria nelle presidenziali del 2007. Discorsi muscolari e annunci roboanti per invocare il pugno di ferro contro le periferie, gli stranieri, le popolazioni nomadi. La questione sociale, l’irrisolto disagio delle periferie, la disoccupazione (per gli stranieri non comunitari siamo ad un tasso del 24%, cioè il doppio della media nazionale), il fallimento dell’integrazione, l’esplosione degli identarismi comunitari, si riassumono in un’unica dimensione criminale, un fatto d’ordine pubblico, un problema che chiama in causa solo l’intervento delle forze di polizia. Non a caso a riportare l’ordine a La Villeneuve, quartiere sensibile della periferia di Grenoble teatro di una sommossa, è stato chiamato il prefetto Eric Le Douaron, una lunga carriera nella polizia fino a divenire nel 1999 direttore generale della pubblica sicurezza. Sotto la sua gestione entrò in funzione la nuova figura del “poliziotto di quartiere”. Il presidente ha infine concluso il suo discorso attaccando i «troppi diritti» conferiti alle persone straniere in situazione irregolare, auspicando la revisione delle prestazioni a cui hanno accesso. In poche parole Sarkozy mira a smantellare l’assistenza medica universale e magari, perché no, anche le mense per poveri.

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Francia, riesplode la banlieue. Guerriglia urbana a Grenoble
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La morte di un giovane dopo un inseguimento con la polizia scatena la rivolta

Paolo Persichetti
Liberazione 18 luglio 2010


Quest’anno non verranno comunicate cifre sul numero delle vetture bruciate nella notte tra il 13 e il 14 luglio». Brice Hortefeux, il muscolare ministro dell’Interno francese, aveva dato mercoledì scorso precise consegne alle prefetture affinché non diffondessero più il numero delle macchine bruciate in ogni dipartimento il giorno della festa nazionale. «Occorre mettere fine – aveva spiegato il titolare dell’ordine pubblico – alla malsana tradizione che consiste nel valorizzare ogni anno e sempre nello stesso momento degli atti criminali». Secondo i servizi di polizia – ma anche ad avviso degli studiosi delle banlieues – il 14 luglio e il 31 gennaio sono date utilizzate dai giovani delle periferie per «farsi vedere» e dare vita ad una competizione con le altre banlieues della Francia intera. D’ora in poi – aggiungeva la nota del ministero – verrà diffuso solo un bilancio annuale delle vetture bruciate. Nel 2009 i veicoli incendiati erano stati circa 500. Quest’anno invece, secondo le parole del ministro, tutto si sarebbe svolto «senza incidenti maggiori da segnalare», fatta eccezione per le «392 persone fermate e la 306 deferite per direttissima davanti alla giustizia». Molte di più delle 190 dello scorso anno, il che mostra come il silenzio non sia servito un granché. Come accade da un quindicennio a questa parte l’anniversario della presa della Bastiglia è stato illuminato da una notte di fuochi. Tuttavia la cappa del silenzio è saltata quando nella notte tra giovedì e venerdì nel popolare quartiere di La Villeneuve, a Grenoble, si è scatenata una vera e propria guerriglia urbana. «Sembrava Beirut. Lo giuro, sembrava Beirut», ha raccontato un abitante testimone degli scontri tra giovani e forze di polizia in assetto antisommossa. Macchine del commissariato correvano all’impazzata a sirene spiegate mentre sulle torri degli Hlm, le case popolari, il cielo era squarciato dal faro di un elicottero che riprendeva con una telecamera infrarossi gli assembramenti di giovani a torso nudo e magliette sul capo per non farsi riconoscere. All’origine degli scontri la rabbia per la morte di un giovane del quartiere, Karim Boudouda, 27 anni, con alle spalle diverse rapine, ucciso la sera precedente alla fine di un inseguimento con le forze di polizia che l’avevano intercettato all’uscita di un Casinò appena svaligiato. Gli abitanti del quartiere hanno reagito in massa alla morte del ragazzo dopo lo scontro a fuoco con gli inseguitori. Molti hanno denunciato indignati le modalità dell’episodio. «L’hanno lasciato crepare sull’asfalto. I soccorsi non l’hanno rianimato», gridava uno di loro. La sommossa sarebbe scoppiata dopo la preghiera recitata da un imam in ricordo del defunto in un parco del quartiere davanti ad una cinquantina di giovani. Armati di mazze di baseball e barre di ferro i presenti hanno cominciato a distruggere tutto ciò che incontravano al loro passaggio: pensiline, tram, vetrine. Tra le 50 e le 60 automobili, molte delle quali si trovavano in una concessionaria, sarebbero state bruciate, insieme a due negozi, mentre la polizia soffocava il quartiere di gas lacrimogeni e sparava pallottole di gomma. Secondo fonti del commissariato verso le 2 e 30 della notte dalle fila dei rivoltosi un uomo avrebbe esploso diversi colpi di pistola. Per almeno quattro volte la polizia ha dichiarato di avere «risposto al fuoco con pallottole vere». Due giovani, uno di 17 l’altro di 18 anni, sono stati fermati. Come accade nei campi di battaglia la calma è tornata alle prime luci dell’alba. Scortato dai corpi speciali della polizia Hortefeux ha visitato sabato mattina i luoghi della rivolta. «E’ impressionante», si è limitato a dire, poi è corso via. La notte torna presto in certi posti.

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Sarko-choc, “Via la cittadinanza ai francesi di origine straniera autori di reati”
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“Il sesso lo decideranno i padroni” piccolo elogio del film Louise Michel

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Recensione” presa dal blog di Baruda

Io non so scrivere di cinema, non so raccontare i film, non so fare recensioni. Ma questa volta non riesco a non farlo perchè da quando ho visto questa pellicola mi prudono le mani e vorrei che più gente possibile vedesse questo piccolo capolavoro francese, manifesto tragicomico, provocatorio e radicale del bisogno di alzare la testa in qualche modo rocambolesco della sfruttata classe operaia nell’Europa del capitalismo delle multinazionali.
Louise Michel prende il suo nome dalla comunarda anarchica francese…è un film, di cui non so se raccontarvi la trama (non credo sia il caso altrimenti poi non ci andate), in cui un uomo per lavorare in una fabbrica si finge donna e una ex bambina diventa uomo per raggiungere una soddisfazione sportiva. “Avete rifiutato le 35 ore e gli aumenti di salario, ma non rifiuterete questi grembiuli nuovi” … il padrone (che poi non è che un servo tra i tanti del vero, quasi irraggiungibile, padrone) prova ad imbonirsi le operaie malgrado i loro sguardi scettici: prendono questo grembiule e il giorno dopo trovano la fabbrica vuota. Tutto era stato portato via: macchinari e lavoro, quindi il proprio sfruttamento quello che ti permette di arrivare al giorno dopo.
20.000 euro di risarcimento da dividere in venti: spiccioli inutili in questo modo. Che fare?
Bhè sono pochi per tutto: ma non per un killer che vada ad ammazzare il padrone. La votazione è unanime: questo si che è un modo per far fruttare quella miseria data da un porco padrone dopo 20 anni di sudore nella sua fabbrica.
E qui inizia il bello, l’avventura divertente di questa strana coppia che tra Francia, Belgio ed Inghilterra cercano di ammazzare il padrone giusto, quello che sia il vero responsabile della chiusura della fabbrica e quindi del licenziamento di tutte le operaie. louise
La decisione, ad ogni errore, è sempre la stessa, unanime: andare avanti fino ad accoppare quello giusto.
Geniale, sarcastico, girato in modo strano con la telecamera quasi sempre fissa, con le immagini sfocate e i dialoghi stretti e necessari: con un gioco di sguardi, sessualità negate e poi ritrovate, di pistole autocostruite, di killer professionisti che non sanno azzittire i cani, di piccioni spennati e cinismo, tanto cinismo.
Un film piaciuto alla critica ma che ha creato grandi deliri nei forum italiani, in cui il popolino servile e estremamente attaccato al culo del padrone (come amano leccare questi miserabili italiani) si è molto innervosito e quasi scandalizzato per una pellicola del genere.
Stiamo anni luce indietro alla Francia: tanto che lì sequestrano i manager, qui li facciamo passare sui nostri corpi mentre lecchiamo le loro suole.

Chi odia i padroni, chi è sfruttato, chi è stato costretto a modificare se stesso per arrangiare il modo di arrivare a fine mese: QUESTO E’ IL FILM PER NOI

“Ora che sappiamo che i ricchi sono dei ladri, se i nostri padri e le nostre madri non riusciranno a bonificare la terra quando saremo grandi ne faremo noi carne macinata” Louise Michel

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Francia, le nuove lotte operaie
New Fabbris, fabbrica minata dagli operai
Grande paura: Paolo Granzotto, il reggibraghe
Il Bossnapping vince: la Caterpillar cede
Bossnapping, una storia che viene da lontano
Bossnapping nuova arma sociale dei lavoratori
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Grenoble, vince il bossnapping. La Caterpillar cede e non chiude gli stabilimenti

Una vertenza modello quella dei lavoratori della Caterpillar. Forme innovative di lotta, fantasia, audacia e determinazione. L’esempio si espande. A Edf-Gdf i lavoratori dell’energia riprendono gli insegnamenti di Emile Pouget, l’autore di un piccolo opuscolo scritto nei primi anni del Novecento, frutto del lavoro della commissione sabotage della Cgt: regalano corrente alle famiglie meno abienti e lasciano al buio i decisori, ministeri, uffici, banche, sedi sociali di grandi imprese, per «farsi vedere meglio»

Paolo Persichetti
Liberazione 21 aprile 2009

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La lotta senza remore paga. Lo dimostra una volta di più la vicenda dei lavoratori della Caterpillar di Grenoble e Echirolles che, dopo due mesi di mobilitazione e un clamoroso bossnapping del direttore e tre altri dirigenti del gruppo, realizzato il 31 marzo scorso, hanno strappato domenica un accordo alla multinazionale americana. I due siti francesi non saranno chiusi. Al contrario nell’accordo si parla di nuovi investimenti. I posti soppressi scendono da 733 a 600. La riduzione del tempo di lavoro dovrebbe ulteriormente alleggerire i tagli di personale. Per evitare che si trasformino in licenziamenti secchi saranno accompagnati da maggiori incentivi in denaro, prepensionamenti per i più anziani e corsi di formazione con mantenimento del salario, finanziati dalla regione Rhône-Alpes, per chi verrà ricollocato altrove. Insomma un vasto impiego d’ammortizzatori sociali (l’azienda già faceva uso della cassa integrazione) consentirà una uscita dalla crisi. Un preliminare del negoziato era stato il ritiro delle misure disciplinari prese contro 8 operai che avevano partecipato ai picchetti davanti alla fabbrica. Nelle prossime ore il protocollo d’accordo sarà sottoposto a referendum. Una vertenza modello quella della Caterpillar. Da soli e contro tutti, con un vasto ventaglio d’azioni, che hanno dato largo sfogo alla fantasia e all’audacia, i lavoratori hanno imposto la trattativa, conquistato visibilità mediatica e consenso sociale, strappato risultati ai vertici di un’azienda che avevano deciso di trasferire la produzione all’estero. Per questo il modello si espande e assume nuove forme, come regalare corrente alle famiglie povere e fare il buio nei ministeri per «farsi vedere meglio». A Edf-Gdf applicano alla lettera il libro di Emile Pouget, Le sabotage.

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Bossnapping, nuova arma sociale dei lavoratori

Gerarchie d’impresa costrette a misurarsi con la trattativa forzata imposta dai lavoratori in lotta. È finita l’epopea dei golden boys e degli yuppie. Per far fronte allo stess dei manager pronto un kit antisequestro

Paolo Persichetti
Liberazione 11 aprile 2009

Brutti tempi per le gerarchie d’impresa chiamate a confrontarsi con un nuovo fenomeno chiamato bossnapping, «La nuova arma sociale dei lavoratori», scrive il quotidiano francese Libération. L’obbligo di non alzarsi più dal tavolo e uscire dagli uffici delle direzioni aziendali fintantoché non si è pervenuti ad un accordo accettabile. Davvero brutte nottate in bianco attendono i Patrons. La sensazione è che la crisi attuale abbia fatto girare il vento. È finita la pacchia. L’epopea borghese dei golden boys e degli yuppie non tira più. I manager sono sotto stress. continental_scioperofuocoFa di nuovo capolino la «grande paura», quella raccontata da Cesare Romiti in un libro di Gianpaolo Pansa, vera e propria autobiografia del ceto imprenditoriale italiano degli anni 70. Per fare fronte a questo trauma, un avvocato francese esperto di diritto e relazioni sociali, Sylvain Niel, ha preparato un piccolo manuale, pubblicato dal quotidiano economico la Tribune. Nell’opuscolo, l’esperto dispensa ai manager una decina di consigli «anti sequestro», per «evitare di cadere in trappola durante una trattativa» e su come comportarsi in caso di sequestro.

Azioni legittime
Azioni legittime o azioni illegali? Il ricorso al bossnapping, cioè alla «trattativa forzata» da parte degli operai quando le aziende rifiutano di negoziare i piani di crisi, oppure nemmeno accettano di sedere al tavolo delle trattative comunicando semplicemente la lista dei dipendenti licenziati, fa discutere non solo la Francia.
Va detto subito che fino a questo momento si è trattato di un modello di lotta che oltre a riscontrare consenso nell’opinione pubblica è risultato “pagante”, come ha dimostrato fino ad ora l’esperienza concreta, seppur attuato in un contesto ultradifensivo che mira unicamente a ridurre i danni. Alla Caterpillar di Grenoble sembra che l’azienda abbia rinunciato a licenziare, garantendo l’apertura della fabbrica per altri tre anni nella speranza che intervenga un nuovo ciclo espansivo. In altri siti, gli operai hanno ottenuto migliori indennità di licenziamento, ammortizzatori sociali, riducendo anche l’attacco portato ai livelli occupazionali.
Questo repertorio d’azione – come viene definito dal linguaggio asettico dei sociologi del conflitto che cercano di fotografare i comportamenti sociali senza caricarli di giudizi di valore -, comincia ad estendersi altrove seguendo un classico dispositivo d’emulazione. È arrivato in Belgio mercoledì scorso, dove tre manager Fiat sono rimasti bloccati per 5 ore negli uffici di una filiale commerciale di Bruxelles. C’è stato per l’ennesima volta in Francia, dove i dipendenti di Faurecia, azienda dell’indotto automobilistico filiale del gruppo Psa Peugeot Citroen, giovedì sera hanno bloccato per 5 ore tre quadri dirigenti del gruppo. In questo caso il bossnapping messo in pratica dai dipendenti ha assunto una valenza ancora più significativa perché il sito è costituito essenzialmente da uffici di un centro studi, dove le maestranze (circa mille) sono in prevalenza “colletti bianchi”, ingegneri, tecnici e amministrativi. Ciò vuol dire che il ricorso a pratiche di lotta radicale non è solo patrimonio della classe operai ma guadagna anche i ceti medi colpiti dalla crisi. Un blocco di manager nei loro uffici c’è anche stato in italia, alla Benetton di Piobesi, il 25 febbraio scorso, ma è passato sotto silenzio.
«Si tratta di azioni sindacali coordinate e organizzate assolutamente non paragonabili a dei sequestri», ha spiegato dalla Francia il segretario della Cgt, Bernard Thibault, che ha giustificato il ricorso a queste forme d’azione «fintantoché non producono rischi fisici sui dirigenti d’impresa». Azioni più che legittime dunque, capaci d’attirare per la loro alta simbolicità «microfoni e telecamere», se è vero che cortei, scioperi e picchetti non sono più sufficienti per costringere il padronato a trattare.

Conflitto negoziato
Il succo del ragionamento è semplice: quando le gerarchie aziendali fanno orecchie da mercante, pensando d’imporre il loro punto di vista senza ascoltare quello della controparte operaia, occorre imporre loro la trattativa. Lì dove non c’è negoziato si apre allora uno spazio di conflitto ulteriore. È il «conflitto negoziato» che in Francia, a differenza dell’Italia, non ha mai perso agibilità politica e sociale. Le azioni «coups de poing» (colpo di mano), non appartengono solo al repertorio d’azione della Cgt, ma sono condivise oltre che da altri sindacati collocati sul fronte della sinistra radicale e anticapitalista, come le coordinazioni e Sud, anche dalle associazioni rurali, dei contadini, pescatori e camionisti, spesso bacini elettorali delle forze moderate.

Embrioni di autonomia operaia
Oltralpe la tradizione corporativa del conflitto ha mantenuto sempre piena legittimità. Fintantoché non vengono percepite come un attacco politico alla sicurezza dello Stato, queste forme d’azione collettiva sono ritenute domande sociali a cui la politica è chiamata a dare risposte. Semmai in quel che accade oggi emerge un forte deficit delle forze politiche della sinistra incapaci di fornire rappresentanza. Queste lotte difensive hanno il sapore di embrioni vitali di autonomia operaia. La sensazione è che la crisi attuale abbia fatto girare il vento. L’epopea borghese dei golden boys e degli yuppie non tira più. I manager sono sotto stress. Per fare fronte a questo trauma, un avvocato francese esperto di diritto e relazioni sociali, Sylvain Niel, ha preparato un piccolo manuale, pubblicato dal quotidiano economico la Tribune. Nell’opuscolo, l’esperto dispensa ai manager una decina di consigli «anti sequestro», per «evitare di cadere in trappola durante una trattativa» e su come comportarsi in caso di sequestro.
A leggerlo sembra una presa in giro, ma è tutto vero. Prima regola: conservare un «kit di sopravvivenza», un telefono cellulare di scorta con numero criptato e recapiti d’emergenza (polizia, famiglia), trousse per la toilette, cambio di biancheria nel caso si dovesse passare la notte in ufficio. Ma, suggerisce l’esperto, «è meglio prevenire» per non finire come quel responsabile del personale di un’azienda che si vide costretto ad uscire disteso in una bara dalla sala in cui era “ospitato” . Fondamentale allora è «una stima del rischio di ammutinamento contro la direzione», «individuare sempre i leader della protesta», «non andare mai da soli a negoziare con le parti sociali, ricorrere sempre ad un mediatore». Infine, se dovesse andare male «accettare tutte le richieste dei dipendenti perché gli impegni presi sotto costrizione non hanno valore giuridico».
Manca però la cosa essenziale, qualche buon libro di filosofia capace di aprire la testa dei manager per dare aria alle loro anguste visioni culturali nutrite solo di manuali sulla gestione delle risorse umane, la performatività delle prestazioni, l’economia aziendale. Magari Discours sur l’inégalité parmi les hommes di Jean-Jacques Rousseau e il primo libro del Capitale del dottor Marx, così tanto per cominciare.

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Francia, padroni assediati. Torna l’insubordinazione operaia

Il magnate del lusso François Pinault assediato dai suoi lavoratoti Quattro manager della Caterpillar di Grenoble sequestrati nei loro uffici

Paolo Persichetti
Liberazione 1 aprile 2009

I padroni di Francia sono sotto assedio, braccati da operai in rivolta e manifestanti che non tollerano più il quotidiano stillicidio di licenziamenti mentre consigli d’amministrazione e dirigenti d’impresa si spartiscono super dividendi azionari e ricchi bonus. Come ai tempi dell’ancièn regime, oggi una noblesse de l’argent, composta dalle Spa, i consigli d’amministrazione, presidenti e amministratori delegati, quadri centrali d’impresa, vivono in una bolla di ricchezza alla faccia di una società che non arriva alla terza settimana del mese e vede minacciati i posti di lavoro.
Ieri sera, Francois-Henri Pinault, il “re del lusso”, proprietario del gruppo Pinault-Printemps-La Redoute che controlla anche Gucci, Puma, Christie’s, è stato bloccato da un centinaio di manifestanti, in prevalenza

La macchina di Nicolas Polutnik 'assediata' dai lavoratori (AP Photo/Laurent Cipriani)

La macchina di Nicolas Polutnik

dipendenti della Fnac e Conforama, all’uscita della sede sociale del suo gruppo nel quindicesimo arrondissemment di Parigi. La polizia è dovuta intervenire per sgomberare la zona. Sia la Fnac che Conforama hanno annunciato il 18 febbraio scorso licenziamenti del personale per 1.200 unità. In mattinata, invece, quattro dirigenti della Caterpillar di Grenoble sono stati “trattenuti” dagli operai che contestano il piano di riduzione dell’organico. 733 licenziamenti secchi, un quarto dell’intero personale, giustificato dalla multinazionale statunitense con il calo del 55% delle vendite per effetto della crisi. Il direttore, Nicolas Polutnick, il direttore delle risorse umane, un responsabile del personale e un responsabile dei prodotti europei, non hanno più potuto lasciare gli uffici della direzione. «Stiamo discutendo in permanenza con loro», spiega al telefono Benoît Nicolas, delegato sindacale della Cgt mentre torna da un’intervista televisiva. L’indignazione sociale sale incontenibile. È la quarta volta nel giro di appena due settimane che le maestranze di fabbriche colpite da licenziamenti trattengono in azienda i loro direttori chiedendo in cambio l’apertura di negoziati. Il 12 marzo erano stati gli operai della Sony, nelle Landes, a costringere il loro amministratore delegato a un turno di “straordinari notturni“. Lo stesso era accaduto pochi giorni dopo per il direttore del sito farmaceutico 3M di Pithiviers. Ma ormai modalità di lotta analoghe si stanno diffondendo un po’ ovunque nel Paese, come alla Fci microconnections a Mantes-la-Jolie, nel dipartimento delle Yvelines, regione parigina. «I quattro dirigenti sembrano un po’ “sbalorditi – dice sempre Benoît – perché sembra che non abbiano grandi margini di manovra per il confronto». Le decisioni più importanti appartengono a un livello superiore.

Com’è venuta la decisione di bloccare i dirigenti?
La direzione ha sempre rifiutato il negoziato. Nella nostra azienda è già in vigore la cassa integrazione parziale. Il rischio è che i lavoratori ricevano la lettera di licenziamento a casa. Caterpillar ha nel mondo circa 100 mila dipendenti. Un quarto di questi dovrà andare a casa. Così hanno fatto sapere. Lunedì abbiamo iniziato lo sciopero e poi siamo andati tutti in direzione, ma l’azienda non ha voluto negoziare.

E cosa è successo?
Niente violenza, né sequestro ma soltanto una decisa pressione affinché si riaprano i negoziati. Nel momento in cui l’azienda annuncia benefici record nel 2008 e distribuisce cospicui dividendi azionari, è nostra intenzione arrivare a un risultato favorevole per tutti i lavoratori.

Quali sono le vostre richieste?
Un piano di salvataggio. 30 mila ero a testa per i licenziati. È giusto che sia così. Va risarcito chi ha lavorato e prodotto ricchezza non i membri del consiglio d’amministrazione. I licenziamenti, poi, non devono riguardare solo le fasce più basse e dequalificate. Chiediamo anche la possibilità di prepensionamenti calcolati sull’ultimo salario per chi ha più di 55 anni e soprattutto le 32 ore settimanali con parità di retribuzione che, da sole, possono salvare 200 posti di lavoro.

Quanto durerà l’occupazione della direzione?
Abbiamo riconfermato lo sciopero. La notte passerà così. Vedremo domani (oggi per chi legge) se qualcuno verrà al tavolo delle trattative.

Nei giorni scorsi Nicolas Sarkozy aveva detto ai parlamentari della sua maggioranza che anche se nel Paese veniva criticato era lui ad avere «la banana in mano». Frase che ha suscitato subito molte polemiche. Forse sta sottovalutando un po’ troppo i lavoratori che non sembrano per nulla disposti a fare la fine dell’omino di Altan. Il presidente francese avrà pure la banana ma gli operai hanno l’ombrello.

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Lavorare con lentezza

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